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Netflix in Italia, quali implicazioni concrete?

Diverse le avvisaglie di quanto potrà accadere, a cominciare dalle intenzioni di Sky di allargarsi nella tv generalista. D’altra parte la globalizzazione non risparmia nessuno

Pubblicato il 03 Nov 2014

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Netflix annuncia il prossimo sbarco in Italia. Nel giro di un anno molte cose nel nostro sistema televisivo potrebbero cambiare con vantaggi per alcuni e problemi per altri. Diverse sono le avvisaglie di quanto potrà succedere, prima fra tutti l’insistente interesse di Sky ad aumentare la sua presenza nella televisione generalista. Come insegna la storia di altri paesi l’arrivo di un nuovo operatore, con servizi economicamente vantaggiosi per gli utenti, spinge gli altri a riposizionarsi per recuperare spazi e guadagni. D’altra parte, era inevitabile che la globalizzazione dei mercati e lo sviluppo delle piattaforme alternative a quelle tradizionali (frequenze e satellite) cambiassero i punti di riferimento di un settore che, soprattutto in Italia, è stato caratterizzato da rendite di posizioni spesso conseguenti all’assenza di una seria disciplina antitrust.

Ma in concreto, cosa potrebbe succedere? È difficile fare previsioni esatte, anche se alcune tendenze sembrano delinearsi. L’arrivo di un nuovo modello di fruizione dei contenuti audiovisivi produrrà certamente un vantaggio sul piano della domanda di larga banda, favorendo chi in questo momento investe nella posa di fibra. Da questo punto di vista molte delle idee di questi anni sul tema dell’incentivo agli investimenti potrebbero essere superate. In secondo luogo, il modello della televisione a pagamento potrebbe entrare in crisi e non essere più conveniente per il consumatore a fronte di un’offerta di contenuti di qualità non legata al vincolo di un abbonamento. “Pago per quello che vedo” sembra essere lo slogan del futuro, anche se bisogna considerare l’attuale assetto dei diritti premium (soprattutto il calcio) e i tempi con i quali questo assetto tenderà a cambiare.

C’è poi il tema dell’offerta di televisione generalista che per alcuni anni ancora sarà al centro del sistema. Ragioni demografiche (maggior peso degli anziani e delle loro abitudini televisive) e ragioni economiche (non tutti possono permettersi di pagare soprattutto in un clima di ristrettezze economiche) fanno della televisione generalista ancora il modello prevalente di fruizione televisiva.

L’arrivo di tycoon da oltreoceano tenderà dunque a concentrare nel settore della televisione generalista gli operatori attuali, a caccia soprattutto delle risorse della pubblicità. Non può che spiegarsi così l’interesse di Sky: colmare una possibile diminuzione dei proventi pay fin qui raccolti con la pubblicità. L’arrivo del “terzo incomodo” spiega poi anche le grandi manovre intorno a Telecom Italia e alla sua proprietà.

La rete di quest’ultima, adeguatamente potenziata, è infatti esiziale per lo sviluppo del modello “pago per quello che vedo”. Insomma un gran trambusto che potrebbe portar bene soprattutto a noi consumatori. Dico “potrebbe” perché sullo sfondo si agitano già forze che attraverso il solito uso “perverso” delle regole tentano di lasciare tutto così com’è ed anzi di consolidare le posizioni acquisite (insegnano i recenti “encomi bipartisan alla legge Gasparri e la rottamazione della Rai).

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