''Fastweb è un'azienda sana, con i conti in attivo.
Non va commissariata''. Questo l'appello di Stefano
Parisi, Ad dell'azienda. "L'unico addebito che può
essere mosso all'azienda è quello ''di avere
sottovalutato'' la portata della vicenda.
"Non ho nulla da nascondere. Abbiamo chiarito tutto. C'è
piena collaborazione con l'autorità giudiziaria",
sottolinea Parisi interrogato oggi per due ore e mezzo dal
procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dai pm Francesca Passaniti
e Giovanni Di Leo, titolari dell'inchiesta sul maxi-riciclaggio
da 2 miliardi che ha coinvolto, oltre a Fastweb anche Telecom
Italia Sparkle nelle attività tra il 2003 e il 2007.
Accompagnato dal suo legale, Gildo Ursini, il numero uno di
Fastweb, che ricopre la carica di Ad dal 2004, nell'inchiesta
risulta indagato per associazione a delinquere transnazionale
pluriaggravata. Parisi deve inoltre rispondere – in concorso con il
fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia, con l'ex direttore
Finanza e Controllo, Alberto Calcagno, con Mario Rossetti,
all'epoca membro del cda di Fastweb, e con Giuseppe Crudele, ex
manager della divisione wholesale – di "dichiarazione infedele
mediante l'uso di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti" per avere "utilizzato le fatture per
operazioni inesistenti emesse da I. Globe srl".
Intanto l'Agcom sta esaminando "attentamente" la
vicenda. Lo ha detto il Presidente Corrado Calabrò, precisando che
"finora non sono emersi profili di competenza
dell'Autorità". "Ho fatto fare un'indagine
approfondita – ha sottolineato Calabrò a margine di
un'interrogazione parlamentare – ma finora non ci sono profili
che riguardano le nostre competenze. Continuiamo a seguire la
questione approfonditamente".