In Italia i tempi sono maturi perché il Parlamento possa varare una “legge Google” come quella che è stata messa a punto dalla Spagna. A sostenerlo è Maurizio Costa (nella foto), presidente della Federazione italiana editori di giornali: “Il Governo è sensibile al tema. Anche in Parlamento la discussione è aperta. E tutte le autorità di garanzia del Paese hanno piena coscienza di quanto sia importante intervenire – afferma Costa – Chiediamo solo che paghi il giusto chi utilizza contenuti editoriali di proprietà di altri. E’ ora che questo gigante, come qualsiasi aggregatore di notizie di Internet, riconosca il diritto d’autore per gli articoli, le foto, i video linkabili da Google News“.
Anche se quella pagina non ha banner pubblicitari, “Google – sostiene Costa – raccoglie in Italia, nelle stime di alcuni centri studi, oltre un miliardo di pubblicità all’anno. Che è quanto fattura l’intero settore della carta stampata, quotidiana e periodica”. E poi BigG “dovrebbe pagare le tasse per la quota di profitti che realizza in Italia, come fa ogni imprenditore. Invece ha stabilito la sua sede legale in Irlanda e si permette un’elusione fiscale molto ingente”. Un gettito che, secondo Costa, potrebbe essere destinato nel nostro Paese a investimenti sulla banda larga e per il wi-fi.
“Il motore genera una classifica dei contenuti oggetto della ricerca – conclude Costa – L’algoritmo che determina la classificazione è più segreto della formula della Coca-Cola. Ci troviamo di fronte a un paradosso: la Rete, il regno della trasparenza dichiarata, diventa il terreno dell’opacità praticata”.
E a chi lo stuzzica parlandogli del mondo dell’editoria come di un settore “assistito” il presidente della Fieg replica che “si tratta di una pesante forzatura. Su 7mila testate giornalistiche, solo 200 ricevono finanziamenti pubblici, risorse destinate al pluralismo. Il tutto peraltro – conclude – per un ammontare inferiore a 50 milioni. Un quarto rispetto solo a pochi anni fa”.
A commentare le dichiarazioni di Costa. il segretario dell’Associazione Stampa Romana, Paolo Butturini secondo cui “c’e’ spazio per una visione prospettica positiva, ovviamente bisogna che ci siano le regole e le condizioni e i modelli sostenibili, anche dal punto di vista della regolamentazione”.
“Condivido il pensiero di Costa, soprattutto quando afferma: ‘per gli editori, resta ancora il tema cruciale dello sviluppo di un modello di business virtuoso sia per chi fa impresa, sia per i giornalisti – dice – Il presidente ha centrato il problema – prosegue -, ma omette di dire che in questi anni gli editori non hanno fatto altro che lavorare sulla compressione del costo del lavoro, con l’ovvio riflesso dello scadimento dell’informazione. Poco o nulla invece sul versante della ricerca, magari guardando ai modelli europei, su prodotti innovativi o modelli di business integrati”.
“Guardando al futuro il terreno comune è evidente – conclude Butturini -, ma vanno rimossi atteggiamenti vendicativi nei confronti dei giornalisti e, soprattutto, si deve puntare all’innovazione, che significa investimenti a medio e lungo periodo, nuove figure professionali e centralita’ della qualita’ e della professione nel processo produttivo. Su queste basi un sindacato moderno puo’ accettare la sfida del cambiamento e traghettare saperi nell’era digitale”.