Dare vita a una mozione parlamentare, il più possibile bipartisan, per chieder al Governo di promuovere su scala internazionale la Dichiarazione dei diritti in Internet, “in modo che ispiri una convenzione mondiale capace di coinvolgere anche gli altri Paesi”. Ad annunciarlo ai microfoni di Eta Beta, programma sull’innovazione trasmesso da Radio1 Rai, è la presidente della Camera Laura Boldrini, che vorrebbe che si riuscisse a raggiungere l’obiettivo entro la fine dell’anno, entro cioè il semestre di turno italiano di presidenza Ue.
Dopo la sua pubblicazione la “Magna Charta” di Internet aveva suscitato anche alcune prese di posizione critiche, come quella di Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, che rimarcava come l’impostazione di fondo del documento sia “da correggere”, perché sottovaluterebbe “il ruolo del web come luogo di crescita”. “Internet – ha detto la Boldrini parlando della prima bozza della Carta dei diritti varata dalla commissione speciale presieduta da Stefano Rodotà e che ora è in consultazione pubblica – è uno spazio fondamentale nella nostra vita, qualcosa che condiziona tutto il nostro modo di vivere e che può incrementare la partecipazione dei cittadini alle istituzioni”.
“Chi stabilisce le regole sono i potenti, i giganti tecnologici, quelli che hanno interessi. E allora è da ritenere che il Parlamento – ha proseguito – sia l’organo che ha maggiore titolo per stabilire le regole, più di quanto non ne abbiano coloro che hanno interessi economici forti”. “L’obiettivo – ha spiegato – sottolinea Boldrini – è ora una mozione parlamentare per impegnare il governo a promuovere la Carta a livello internazionale”. “Non debbono esserci corsie preferenziali per chi paga di più – ha argomentato Laura Boldrini. Quanto ai dati personali, ha aggiunto, “dobbiamo conoscere l’uso che ne viene fatto”, mentre il diritto all’anonimato “è una tutela per i soggetti che denunciano gli abusi dei potenti”. La presidente della Camera ha concluso sostenendo che un ruolo cruciale in questo campo “spetta alla scuola e alle istituzioni nei confronti dei giovani, che spesso sottovalutano il rischio sull’uso dei propri dati, attirati dalla gratuità di gran parte dei servizi offerti in rete”.