Nella notte si vedono i primi bagliori di quello che domani diventerà un incendio. È la trasformazione del sistema dei pagamenti, che va molto più in là della semplice apertura di un nuovo canale digitale. Digital wallet, sistemi di e-payment, la trasformazione non è tanto tecnologica o meramente finanziaria, quanto socio-culturale. Come è stato il web venti anni fa. Lo dice Carlo Alberto Carnevale-Maffé, docente di Strategia alla School of Management dell’Università Bocconi di Milano.
Professore, Apple ha lanciato il sasso con Apple Pay, ma il mercato dei nuovi pagamenti cresce da tempo, anche se con false partenze. A che punto siamo?
Stiamo partendo sul serio. I pagamenti non sono più una transazione isolata, ma un elemento di un sistema di processi relazioni, commerciali, e quindi fondamentalmente sociali che esce dall’isolamento tecnologico in cui era mero regolamento di conti finanziario e diventa invece un passo di un processo di scelta e allocazione del potere d’acquisto. Finora non avevamo capito che bisognava riportare i pagamenti nei processi sociali anziché isolarli. È la cosa che Apple sa fare bene: ridefinire l’interfaccia utente, l’estetica, la facilità, di conseguenza la cultura: nasconde la compessità del fatto tecnologico e ridefinisce le modalità d’uso.
Quindi questa volta ci siamo?
La risposta sintetica è: poiché il pagamento perde il suo connotato di fattore tecnico isolato, le condizioni adesso sono diverse. Il processo sociale umano collocato nel telefonino, cioè nell’oggetto manipolato 220 volte al giorno – dato di uso medio in Europa –, lo trasforma in lessico familiare. Diventa così naturale da perdere consistenza. E questa la grande novità: il pagamento diventa trasparente. Come lo One-Click di Amazon, che ha reso naturale il pagamento al termine del processo di acquisto online.
C’è un tema di privacy, ma anche di fiducia nei confronti di questi nuovi mediatori.
Ciascuno di noi lascia in affido le sue carte di credito ad Amazon, a Google, ad Apple, a PayPal, con una fiducia che non diamo a nessun altro. Diamo loro il potere di pagare per conto nostro. I pagamenti sono un’operazione di fiducia. Funziona quando c’è questo rapporto e quando l’atto diventa comprensibile, quando diventa da gesto tecnico un atto di fiducia socio-culturale. Quando cioè togliamo la cose dalle mani degli ingegneri e ci affidiamo agli “artisti” che disegnano un processo di interazione.
Assisteremo a una trasformazione degli assetti di mercato?
Certamente. La novità è che oggi i pagamenti si stanno trasformando in uno dei metadati da elaborare, ma non l’unico. Nell’elaborazione squisitamente finanziaria il pagamento era l’unico dato rilevante, abilitarlo e trattarlo valeva una commissione. Tutta la catena del valore nei pagamenti è costruita su questa idea. Oggi questo cambia: non è detto che pagare meriti più una commissione. Ci possono essere dei sussidi incrociati perché il metadato può valere di più. Se sapere che io sono in un determinato negozio ha valore, può darsi che il pagamento che effettuo sia senza commissione. È la tv commerciale: guardi la partita con gli spot. Il pagamento torna ad essere uno dei metadati di scambio ma non l’unico. Un giornale, un libro, un film, un brano musicale possono diventare parte di un bundle di servizi con un valore non monetario, essere scambiati per qualcosa d’altro perché ci sono sussidi incrociati. Ti regalo la commissione se mi dici in che negozio sei e cosa stai acquistando.
Ci sono altri esempi?
Uno su tutti: mentre Garmin e TomTom fanno pagare per i servizi dei loro navigatori, Google non ti fa pagare niente, perché preferisce chiederti dove sei. La struttura tecnologica viene regalata in cambio di un metadato.
Se immaginiamo i circuiti di pagamento come infrastrutture, ciò porta a pensare che siano in arrivo nuovi Ott che dreneranno via il valore rendendo il circuito stesso una commodity.
È esattamente questo. Stanno nascendo aggregatori sopra i circuiti di pagamento. Il carsharing è un esempio. Scompaiono automobile, benzina, assicurazione e bollo. Viene tutto aggregato nel carsharing. Si accede e si paga il servizio e non si deve più pagare tutto il resto. Il trasporto privato non è più chi produce il pezzo di ferro per il concessionario, ma chi eroga il servizio.
La piattaforma che arriva prima vince tutto?
Quanto più si sfruttano i metadati quanto più si cumulano i vantaggi, non c’è eccezione.Quando il pagamento diventa uno dei metadati di interscambio di una rete, gli effetti di rete contano. Prima la rete era imposta e regolata per legge, adesso l’autorità è la piattaforma. Si formano monopoli privati di tipo benigno, cioè dove è possibile andarsene e quindi dove la piattaforma deve comportarsi bene altrimenti perde la fedeltà degli utenti. E si ricordi che prima dell’Antitrust intervengono sempre gli utenti.
Cosa succederà ai “vecchi” gestori dei pagamenti?
Ci sono aziende che sono morte e ancora non lo sanno. Sono le Nokia quando Apple è entrata nel mondo dei cellulari. Ciò accade però non perché è solo cambiato l’oggetto con cui si paga, ma perché è cambiato il senso della filiera. Se non si adattano, muoiono. Nel senso che se diventeranno inefficienti da un punto di vista economico, irrilevanti, non produrranno più valore aggiunto, verranno spazzati via dal mercato non appena le basi giuridiche del loro ruolo saranno cambiate.