Mentre è in corso di definizione la strategia governativa per lo sviluppo delle reti a banda ultralarga e prosegue la sfida per accelerare lo sviluppo delle coperture da parte delle telco, può essere utile ricostruire la dinamica della banda larga nel nostro Paese. All’inizio degli anni 2000, banda larga era sinonimo di superamento delle prestazioni delle linee Isdn (128 kbps), che poi è rimasto l’obiettivo minimo della Digital Agenda for Europe (Dae) e che il Commissario Kroes ha sancito essere stato raggiunto in tutta Europa a ottobre 2013, grazie all’utilizzo delle tecnologie satellitari.
Prima dell’avvento delle reti Nga (Next Generation Access) in grado di offrire velocità di download superiori a 30 Mbps (il secondo obiettivo della Dae), la soglia massima è stata rappresentata dai 20 Mbps abilitati dalle tecnologie Adsl2+, che hanno visto un progressivo incremento fino a superare oggi l’80% della popolazione. Tuttavia, il tentativo di farsi riconoscere un premium price per l’incremento di prestazione rispetto al servizio di base (7 Mbps) si è rilevato un fallimento, anche quando il differenziale di prezzo è diventato minimo. Ciò deve fare riflettere e condurre a una maggiore trasparenza nelle reali prestazioni dei servizi, ma anche alla costruzione di offerte in grado di sfruttare le nuove potenzialità offerte dalla banda ultralarga. Il gradino di investimenti infrastrutturali richiede di prestare una rinnovata attenzione alla value proposition che gli operatori dovranno costruire, per remunerare gli investimenti iniziali e innescare un circolo virtuoso per procedere ad un’ulteriore espansione della copertura. Anche la messa in campo di strumenti di incentivo da parte delle Istituzioni, non può prescindere dall’affrontare il problema dell’innovatività delle offerte: dal loro successo dipende l’uso più efficiente delle risorse e l’adozione dei servizi.