Se il governo vuole davvero “cambiare verso” anche nel digitale, non serve la rivoluzione. Basta “semplicemente” completare e mantenere. Completare significa portare a compimento tutto quello che si è cominciato nel nostro Paese dal 2001 in poi: dal codice della amministrazione digitale ai quasi venti decreti attuativi ancora mancanti e che rendono molti provvedimenti per il digitale ancora analogici, perché rimasti solo sulla carta. Completare significa far finalmente funzionare l’Agenzia per l’Italia digitale e dare attuazione ai tre obiettivi che Caio e il suo team avevano proposto al governo.
Mantenere vuol dire innanzi tutto mantenere la parola: il sottosegretario Gozi ha promesso il 30 ottobre, aprendo la tappa romana di Eskills for jobs, ha annunciato che il governo userà per l’agenda digitale e per la banda larga gran parte dei 43 miliardi di fondi europei disponibili.
Lo attendiamo alla prova dei fatti, perché ha speso impegni e parole importanti. Mantenere vuol dire anche essere capaci di “tenere per mano” la madre di tutte le battaglie, quella culturale, per far comprendere a cittadini e classe dirigente (politica ma anche del mondo della produzione e dei media) che l’era digitale non è il futuro, ma il presente.
Significa, per esempio, portare avanti con forza nelle scuole “Programma il futuro”, lodevole iniziativa per avviare al coding gli scolari, a partire dalle elementari. Oppure significa esigere che la Rai, in tutta la sua programmazione, faccia capire le potenzialità del digitale, non solo i suoi pericoli. Molto ci sarebbe ancora da dire, su questo tema che considero un tema di bene comune e per il quale lavoro in Parlamento dal lontano, in tutti i senso (digitale compreso) 2001. Ma se completiamo e manteniamo, avremo fatto già un grande balzo in avanti.