l procurement pubblico rappresenta uno straordinario “strumento di politica industriale” (e soprattutto uno dei pochi rimasti). Ogni qualvolta si interviene sul mercato agendo contemporaneamente su domanda e offerta – come negli approvvigionamenti pubblici – si declina un’azione che arriva in profondità nel tessuto economico del Paese.
Il procurement è in grado, ad esempio, di modificare – attraverso il coordinamento e l’indirizzo della domanda – i comportamenti di acquisto delle amministrazioni, creando nuove opportunità per le imprese, anche per le piccole e medie imprese che rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana e fornendo uno sbocco per beni e servizi innovativi. Nell’ambito della spesa digitale, il procurement fa rilevare oggi diverse problematiche sia dal “punto di vista della spesa” (es. scarso dialogo tra domanda e offerta; dinamiche peculiari su gare, tariffe, prezzi; distonia tra spesa Ict teorica ed effettiva), sia da quello delle “soluzioni” (es. infrastruttura ridondata e sottoutilizzata; frammentazione applicazioni; dispersione informazioni).
Da ciò emerge la necessità di ottimizzare le risorse (scarse) e le soluzioni (disperse). Come? Anche attraverso un “procurement intelligente” (“smart procurement”) – sviluppato attraverso buyer competenti – che può fornire benefici per entrambi i lati del mercato – domanda pubblica e offerta privata: garanzia di qualità delle forniture, riduzione dei tempi d’acquisto; monitoraggio della spesa; semplificazione e trasparenza delle procedure; riduzione oneri delle gare; crescita professionale del personale; risparmi di prezzo; attivazione di offerta, ricerca e innovazione.