IL FORUM

Internet governance, Pizzaleo: “Serve Comitato multistakeholder”

Alla vigilia del Forum alla Camera sul governo della Rete, la responsabile Agenda Digitale della Regione Lazio accende i riflettori sulla necessità di rivedere l’attuale assetto: “Il modello? E’ il Brasile”

Pubblicato il 24 Nov 2014

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“In Italia c’è bisogno di un’organizzazione più stabile e strutturata del modello di Internet governance, perché allo stato attuale c’è un interesse intermittente: ci sono stati ministeri che se ne sono occupati più, altri meno. Dovremmo tendere verso il modello di Internet governance multistakeholder del Brasile, che ha istituito il Cgi (Comitato per la gestione dell’Internet nazionale), composto da 21 membri con una prevalenza di stakeholder non governativi. Così ci sarebbe maggiore continuità e l’impegno profuso da una legislatura non andrebbe perso con il passaggio alla successiva”. A dirlo è Antonella Giulia Pizzaleo, Responsabile Agenda Digitale e Internet Governance della Regione Lazio, alla vigilia dell‘Internet Governance Forum Italia 2014, iniziativa che si svolge domani alla Camera dei deputati, nella quale si discute con tutti i portatori di interesse dei temi relativi al governo di Internet. Promosso dalla Camera insieme all’Agenzia per l’Italia Digitale, il Ministero dello Sviluppo Economico, l’Intergruppo parlamentare per l’innovazione tecnologica, la Regione Lazio, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Internet Society Italia, l’appuntamento prevede gli interventi della presidente della Camera, Laura Boldrini, della ministra per la Semplificazione e Pubblica Amministrazione, Marianna Madia e di Stefano Rodotà. “Due le tematiche su cui verterà la giornata di lavoro: l’assetto attuale e futuro della Internet Governance in Italia e l’ampia e complessa questione dei diritti in Rete” spiega Pizzaleo, tra i partecipanti al Forum.

A che punto è la riflessione sull’Internet governance?

A livello internazionale, lo ricordiamo, sono in atto modifiche degli assetti di Icann, ente americano con numerosi incarichi nella gestione di Internet, e di Iana (Internet Assigned Numbers Authority), organismo responsabile dell’assegnazione degli indirizzi IP. Sostanzialmente questo è un un momento di revisione della governance che vedi allentarsi il controllo diretto degli Usa sulla Rete. In questo scenario si inserisce NetMundial, il summit che si è tenuto a Sao Paulo in Brasile il 23 e 24 aprile e che ha portato al lancio della Net Mundial Initiative presso il World Economic Forum (Wef) a Ginevra il 28 agosto, incentrata sui principi che devono orientare la crescita di internet. Un altro tassello di questo grande quadro è stato il varo del Marco Civil in Brasile, legge che si propone di definire i diritti degli utenti in Internet. Impossibile poi non citare la questione della net neutrality, altra grandissima partita che si sta giocando in questo periodo e che di recente ha visto confrontarsi negli Usa il presidente Barack Obama e la Fcc, organismo regolatore delle telecomunicazioni. In questo scenario a livello italiano si è mosso il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, che è stato in Usa a incontrare i vertici della Fcc e ha fatto un gran lavoro su questo tema nell’ambito del semestre europeo a presidenza italiana.

In questo contesto cosa dovrebbe fare l’Italia?

C’è bisogno di un’organizzazione più stabile e strutturata del modello di Internet governance. Quello che è accaduto in questi ultimi anni è che se ne sono occupati alcuni ministeri: tradizionalmente il Mise, ma anche il ministero della Pubblica amministrazione e a volte il Miur e il dicastero degli Esteri. Ma a tutt’oggi non esiste un modello di riferimento che stabilisca quali devono essere le interazioni tra i ministeri. C’è bisogno di un consolidamento, insomma. A livello internazionale il riferimento è il Brasile, ha un modello di govermance multistakeholder nel Cgi (Comitê Gestor da Internet no Brasil, Comitato per la gestione di internet nazionale), composto da 21 membri con una prevalenza di stakeholder non governativi. È il modello verso il quale anche noi dovremmo tendere. Ovviamente il modello non può prescindere dal multistakeholderism e dal dialogo con la governance internazionale. Non ha senso limitare la riflessione al territorio italiano.

Sempre domani verrà presentata la Dichiarazione dei diritti in Internet. Cambierà qualcosa nel nostro ordinamento legislativo su questi temi?

È un documento elaborato dalla Commissione di studio istituita presso la Camera dei Deputati, composta da deputati di tutti schieramenti e anche da esterni: l’intenzione è indicare i principi che dovrebbero orientare lo sviluppo di Internet e i diritti che ne derivano per gli utenti. È una dichiarazione non una legge, ed è attualmente online e sottoposta a consultazione pubblica: tutti possono intervenire e dare il loro contributo. L’obiettivo è avere a disposizione un testo finale al quale potrebbero e dovrebbero ispirarsi eventuali leggi e interventi di regolamentazione, anche a livello di Unione europea.

Il convegno è promosso, tra gli altri, da Regione Lazio. Come si può declinare a livello regionale il concetto di Internet governance?

Come indica l’Icann, la governance internazionale della Rete è destinata a essere sempre più multicentrica e ad ispirarsi a un modello di sussidiarietà. Esistono cioè soggetti centrali ma poi si verifica una declinazione della governance su livelli territoriali. Il Lazio sta facendo propria questa evoluzione, ha deciso di scommettere su questo tema ed è la prima Regione in Italia ad aver associato al tema dell’agenda digitale quello della governance di Internet. La Regione può agire più che sulla governance di Internet sulla governance “su” Internet. Sembra un gioco di parole ma non lo è. Voglio dire che a livello internazionale si lavora sui protoccoli di gestione, a livello regionale ci si attiene alle policy stabilite per attuare una serie di interventi. A questo proposito il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, intende investire 167 milioni di euro sulla banda ultralarga per il 2014-2020. È un investimento massiccio perché noi, come Regione Lazio, riteniamo che l’infrastrutturazione sia precondizione per tutti gli altri servizi che utilizzano la banda larga. L’abbattimento del divario digitale è uno degli obiettivi. Garantire ai cittadini diritto all’accesso è un diritto fondamentale. Così siamo impegnati nello sviluppo della cittadinanza digitale e anche nella riduzione del divario culturale, non solo di termini di competenze ma anche di conoscenze base e utilizzo consapevole.

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