Guai col fisco per Microsoft in Cina. Il governo cinese ha accusato Redmond di aver evaso il fisco per l’equivalente di quasi 140 milioni di dollari, come rivela l’agenzia di stampa Reuters che cita a sua volta la cinese Xinhua.
L’azienda americana (che non viene citata direttamente da Xinhua ma indicata come “M” e una delle “maggiori aziende mondiali con una filiale a Pechino dal 1995”) deve al governo cinese circa 840 milioni di yuan, o 137 milioni di dollari, in imposte non versate e interessi. In più, Microsoft deve pagare altri 100 milioni di yuan, o 16,3 milioni di dollari, di tasse con un anno di anticipo per soddisfare le richieste di Pechino.
Secondo Xinhua, “M” avrebbe attratto l’attenzione delle autorità cinesi perché dichiarava che la sua filiale cinese era in perdita da sei anni; al tempo stesso risultava una redditività del 12%. Tali profitti venivano in parte mandati verso paradisi fiscali in parte nella sede centrale negli Usa come fondi per lo sviluppo tecnologico. Per Xinhua, Microsoft avrebbe ammesso le sue responsabilità e accettato di pagare le tasse arretrate.
Il Financial Times riporta invece che l’azienda americana ha sì acconsentito a soddisfare le richieste di Pechino, ma non come tasse evase bensì all’interno di un “accordo bilaterale sul transfer pricing relativo alle attività di Microsoft in Cina”.
Il caso nasce da un accresciuto scrutinio da parte dei regolatori cinesi verso le aziende straniere che operano nel Paese. I timori cinesi verso l’evasione fiscale delle multinazionali si sono intensificati dopo l’incontro del G20 in Australia, dove i leader partecipanti si sono trovati d’accordo sul fatto che “i profitti vanno tassati nei Paesi in cui tali profitti sono generati”.
A fine luglio, investigatori del goveno cinese avevano effettuato un raid negli uffici Microsoft di Pechino, Chengdu, Guangzhou e Shanghai, interrogando manager e sequestrando computer, contratti, email e altro materiale.