IL RUOLO DEI REGOLATORI

Net neutrality, infrastrutture al centro di una Internet open

Antonio Preto: la partita si gioca a livello comunitario perché l’Europa guarda a una prospettiva mondiale. La regolazione pro-investimenti di Agcom strumento chiave di policy pro-concorrenza.

Pubblicato il 01 Dic 2014

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Il Presidente Obama si schiera a favore della net neutrality e riaccende i fari su uno degli argomenti più controversi e dibattuti in tema di reti: tra chi sostiene che stimoli l’innovazione e la produzione di servizi e contenuti online, e chi ritiene che disincentivi gli investimenti nella fibra.
La neutralità tocca tutte le questioni calde della regolazione di Internet. Come evidenziato dall’intervento del Presidente americano, le problematiche sollevate riguardano non solo aspetti di carattere economico e normativo, ma anche interessi politici e sociali, legati ai diritti e alle libertà sul web. Un approccio multidisciplinare sull’argomento è, quindi, inevitabile.

In Europa, come negli Usa, il dibatto è appassionante. A livello europeo si gioca la vera partita, perché l’Europa parte dal proprio contesto, ma guarda a una prospettiva globale. La rete, infatti, tende al globale, ma “soffre” le diverse regolazioni territoriali. Lo Stato esercita la propria sovranità anche in una rete aperta come Internet, attraverso il potere sulle infrastrutture. Se ciò è vero, ci vogliono regole globali, uguali per tutti, conformi ai principi comuni e che assicurino l’utilizzo pieno del mezzo e il rispetto delle libertà fondamentali. Altrimenti è il potere “locale”, per primo, a “sconfinare”. Parlamento e Commissione Ue, negli ultimi mesi, si sono schierati su fronti contrapposti. La Presidenza italiana sta lavorando ad una soluzione condivisa, che però non sarà operativa perché il pacchetto sul single market sembra invece definitivamente incagliato.

Anche i regolatori nazionali sono interessati al tema. Il Berec, che li riunisce, sta concentrando l’attenzione su tre elementi: concorrenza; monitoraggio della qualità delle offerte e assicurazione della qualità minima del servizio. Su una cosa, però, si è tutti d’accordo: Internet deve rimanere aperta. Se, infatti, la rete garantisce libertà e diritti fondamentali, è necessario che sia alla portata e nella disponibilità di tutti. Tanto più in una società come quella attuale dove persone, enti pubblici e organismi privati fanno affidamento su Internet per le loro attività.

È tempo, allora, di iniziare a definire qualche principio giuridico che renda questi aspetti un punto fermo. La Commissione Ue ha affermato che “la net neutrality tocca una serie di diritti e principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue”. Il Consiglio d’Europa, nella “Guida dei diritti umani per gli utenti di Internet”, equiparando il mondo online a quello offline, ha riconosciuto a Internet valore di “servizio pubblico”. In Italia, nella bozza di “Dichiarazione dei diritti in Internet”, si afferma che “la neutralità della Rete, fissa e mobile, e il diritto di accesso sono condizioni necessarie per l’effettività dei diritti fondamentali della persona”. Dunque, stiamo gradualmente dando forma e sostanza al diritto a una rete aperta.

Ma come garantirlo? Se, come si prevede, nel 2018 il traffico Internet raggiungerà un valore tre volte superiore a quello dello scorso anno, una delle priorità, nell’agenda delle Autorità pubbliche, rimane l’adozione di misure positive a favore dell’accesso. A tal fine, bisogna partire dall’infrastruttura. Il Piano del Governo lo dice chiaramente: il divario va colmato entro i prossimi sei anni. Il pubblico deve sostenere gli investimenti privati e integrarli, laddove l’iniziativa privata non sia sufficiente, impiegando risorse soprattutto nelle periferie del nostro Paese, dove più forte è il digital divide. La regolazione pro-investimenti di Agcom è uno strumento di policy fondamentale per promuovere una concorrenza tra infrastrutture. Serve un’architettura di rete realistica, che sia in grado di mettere a disposizione di tutti almeno 30 megabite e 100 per il 50% della popolazione.

Occorre, al contempo, incentivare l’adozione di servizi digitali. La net neutrality rappresenta uno strumento di forte stimolo. Garantendo il libero accesso e stimolando l’innovazione online, incentiva la domanda. La domanda stimola l’offerta e, quindi, gli investimenti. Gli investimenti si traducono in crescita dell’innovazione e sviluppo delle nuove tecnologie. Questo circolo virtuoso genera, a sua volta, la garanzia di una buona qualità dell’accesso di base, fondamentale per assicurare a tutti l’esercizio di diritti e libertà sul web e lo sviluppo della propria “personalità” digitale. Tim Berners-Lee, ideatore del World Wide Web, è stato chiaro: “Progress is all predicated on a neutral network”. La storia del Web lo dimostra: Google, Facebook, Amazon non nascono nei laboratori di grandi imprese, ma dal talento di giovani che trovarono un ambiente online aperto. Per queste ragioni, a mio avviso, la neutralità della rete resta, al momento, un principio sul quale ancorare l’attività di regolazione.Quando riusciremo a dotarci di una banda ultralarga disponibile per tutti, che garantisca una elevata qualità di base, sarà forse possibile aprire progressivamente lo spazio a servizi specializzati.

Ad agire diversamente si rischia un impatto negativo sulla velocità normale di Internet; con la conseguenza di non riuscire a garantire l’accesso in maniera paritaria e l’esercizio dei diritti e delle libertà sul web. Quindi solo con la realizzazione delle reti Nga il connubio tra infrastrutture e servizi potrà esprimere tutto il suo potenziale. Prima di allora, ogni forma di Internet first class è da evitare. La rete è stata concepita aperta; è nostro dovere fare in modo che questa straordinaria invenzione continui a portare benefici a tutti. Lo faremo con una governance altrettanto aperta, veramente multi-stakeholder e inclusiva.

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