La Commissione Ue lancia un allarme: nel 2020 mancheranno esperti di tecnologie digitali in Europa. Abbiamo incontrato Elisabetta Caldera, Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Vodafone Italia per capire quale livello di allerta sia percepito e quali strategie stiano definendo le multinazionali sul tema del capitale umano.
Su quali profili state puntando?
Oggi per noi la priorità è lavorare sulle competenze digitali, con obiettivi non solo di breve termine, ma anche e soprattutto di medio-lungo periodo. Al di là delle competenze verticali, ci interessa disegnare un percorso più ampio di digitalizzazione dell’intera azienda e dei suoi processi, in termini orizzontali. Questo significa trasformare la nostra azienda nella sua totalità, digitalizzando contenuti e modi di lavorare. Rispetto ai profili, siamo orientati verso figure delle aree marketing, online e ingegneria delle telecomunicazioni. In prospettiva andremo sempre di più nella direzione di profili che lavorano sulla convergenza delle reti, la produzione di contenuti e l’entertainment, con uno sguardo allargato sul mercato, nelle nostre ricerche, in Italia e all’estero.
Questo “feeling verso il digitale” è una soft skill o una competenza tecnica?
Entrambe le cose. In alcuni casi è una conoscenza forte, come per figure specializzate in area tecnica, ma è anche un modo di lavorare. Essere digitali non vuol dire stare su Facebook, ma significa innovare i processi aziendali e il modo con cui si comunica con i clienti o all’interno dell’organizzazione. La digitalizzazione ha un effetto particolarmente positivo: riscrive il modo di lavorare e lo semplifica.
La competenza si forma all’interno dell’azienda o si entra già “digitalizzati”?
I neolaureati che assumiamo arrivano con un buon livello di digitalizzazione, ma l’azienda può e deve formare anche le persone all’interno. Come in tutte le rivoluzioni che riguardano l’organizzazione del lavoro, è importante che le competenze diventino diffuse e non restino di un’élite. Per questo, siamo partiti da una mappatura delle competenze digitali interne, secondo priorità condivise e definite attraverso alcuni workshop.
Avete linee di formazione condivise con altri Paesi?
Ci confrontiamo sempre con gli altri Paesi e lavoriamo insieme in alcune Academy dove condividiamo aggiornamenti e buone pratiche associate alle competenze interne al Gruppo. Quando determinate attività funzionano, cerchiamo di trasferirle anche altrove, facendo circolare la cultura aziendale.
E le persone più senior?
In realtà non è sempre vero che la persona più senior sia meno esperta del giovane sul digitale: ce ne siamo accorti quando abbiamo lanciato lo smart working, permettendo a oltre 3mila persone di scegliere di lavorare da remoto – e quindi in modo sempre più digitale – alcuni giorni al mese. Per loro, in Vodafone Italia abbiamo un progetto di mutual mentoring che affianca due generazioni, facendole interagire: i giovani aiutano i senior ad affrontare il lavoro a partire da competenze diverse, più orientate al digitale, mentre i senior assistono i junior a sviluppare una mappa per muoversi in maniera critica nell’organizzazione.
I risultati?
Interessantissimi: abbiamo capito che le resistenze sono molto più legate alle abitudini che alle barriere di accesso al digitale.
Assumete molti neolaureati?
Ogni anno assumiamo circa 100 neolaureati che seguono fin da subito un programma d’inserimento cross-funzionale di due anni. Si misurano nei nostri negozi e call center poi entrano in azienda, prima con due incarichi legati a funzioni distanti dai percorsi curricolari poiché vogliamo che apprendano, prima ancora che contenuti specifici, il giusto modo di imparare e di gestire i problemi. Infine accedono alla funzione per i quali sono stati selezionati. È un percorso di formazione integrata, premiata di recente anche come miglior programma d’inserimento dei giovani. Sempre ai giovani offriamo poi la possibilità di emergere grazie ad alcuni contest: chiediamo loro di immaginare soluzioni e presentarle. La più interessante viene premiata e sviluppata. Sono qui per imparare, ma anche noi possiamo imparare da loro. Grazie alle loro competenze digitali e di comunicazione, cambiano il modo di lavorare su alcuni snodi del rapporto con il cliente. La loro semplicità ed efficacia è davvero fuori dal comune.
Cosa pensa del nostro sistema formativo universitario?
Le università e l’impresa possono e devono dialogare di più in un’ottica di orientamento e pianificazione della formazione di competenze, ma non è vero che i giovani siano sempre in deficit rispetto a quanto richiesto in azienda. Chi entra in Vodafone è altamente formato, con ottime capacità di problem solving. Rispetto ai neolaureati di 15 anni fa hanno grande capacità di trovare riferimenti informativi e stanno sviluppando una delle skill chiave del futuro: la capacità di sintesi di fronte alla complessità informativa.
Da quali università traete maggiori risorse?
Principalmente dalle facoltà di Ingegneria e di Economia, ma siamo attenti a portare all’interno dell’organizzazione anche diversità, assumendo figure con percorsi di laurea meno intuibili, come scienze diplomatiche o dell’alimentazione. Prima di tutto, a ogni modo, andiamo a cercare persone che siano in grado di imparare velocemente.