“Se il management di Telecom Italia è alla ricerca di un gruppo di soci stabili che possa supportare un progetto industriale nel medio periodo l’adozione del voto multiplo potrebbe essere certamente una soluzione. Ma per diventare una public company a mio avviso Telecom deve rivedere innanzitutto le modalità di nomina degli amministratori”. La pensa così Alberto Toffoletto, docente di diritto commerciale all’Università statale di Milano e avvocato socio dello studio legale Nctm nell’intervenire sulla possibilità da parte dell’azienda di Tlc capitanata da Marco Patuano di convertirsi alla nuova normativa sul voto maggiorato (contenuta nel decreto competitività – legge 91 del 24 giugno 2014 – poi convertito nella legge 116 dell’11 agosto) che ha ottenuto il via libera da parte della Consob nell’approvazione delle modifiche al regolamento emittenti a seguito della relativa consultazione pubblica.
Toffoletto, Telecom Italia di fatto si va configurando come l’unica public company italiana. Il voto multiplo potrebbe essere una strada percorribile?
Penso di sì. Dipende naturalmente dalla volontà dell’assemblea di adottare questa soluzione. Sarebbe un modo per cercare di premiare gli investitori che hanno a cuore una strategia di medio-lungo periodo e consentire loro di avere un peso maggiore rispetto a chi ha soltanto prospettive di investimento finanziario.
In un’azienda come Telecom quali azionisti trarrebbero maggiori benefici dall’adozione del voto multiplo?
Certamente coloro che hanno da tempo una partecipazione e intendono conservarla. Dando loro la possibilità di “pesare” di più è possibile che siano incentivati a supportare la società anche in futuro.
Concorda con chi sostiene che l’adozione del voto multiplo possa favorire gli investimenti esteri?
Potrebbe essere, specialmente da parte di quegli investitori che si propongono di realizzare progetti industriali. Gli stessi fondi se hanno partecipazioni stabili potrebbero trarne beneficio e avere interesse all’adozione di questa soluzione. Potrebbe rivelarsi anche un incentivo all’investimento finanziario qualora gli investitori istituzionali ravvisino un valore nella stabilità del gruppo di comando.
Secondo lei “blindare” gli azionisti forti grazie al valore “aggiunto” dei titoli detenuti rappresenta sempre una garanzia di stabilità?
Una garanzia forse no, ma certamente un forte elemento di stabilità. Del resto blindare il controllo delle società liquide, non assoggettate al controllo di diritto di un azionista, non è certamente auspicabile e dunque credo che il contrappeso delle regole sull’Opa, rappresenti un importante elemento per garantire l’efficienza gestionale.
Quali sono gli impatti che il voto muliplo ha sulla governance di un’azienda?
La funzione degli istituti adottati dal nostro legislatore è molto diversa se vista nella prospettiva di una società chiusa o di una società quotata. Nel primo caso bisogna innanzitutto verificare a quali delibere è stato collegato il voto plurimo per valutarne le esatte implicazioni. Un conto, ad esempio, è che il voto plurimo sia attribuito alle azioni detenute dal “socio imprenditore” per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria, nel qual caso evidentemente ne agevolerà il controllo, un altro conto è se le azioni a voto plurimo sono attribuite ai soci finanziari per poter controllare le operazioni straordinarie, nel qual caso evidentemente la funzione del voto plurimo è difensiva rispetto all’investimento, con, tuttavia, importanti implicazioni in materia di governance e di sviluppo strategico dell’impresa. Nel caso delle società quotate invece le caratteristiche stesse del voto maggiorato nella logica di un premio di fedeltà determinano una naturale selezione tra gli investitori, poiché soltanto coloro che deterranno le azioni per il periodo richiesto potranno beneficiarne e contare di più. È evidente che questo può determinare dei riflessi sulla governance della società in termini di scelta degli amministratori e di monitoraggio sul loro operato.
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