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Protesi robotiche, made in Toscana le cyberlegs

Sviluppati due dispositivi di nuova generazione. L’istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa coordinatore del progetto europeo

Pubblicato il 15 Gen 2015

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“Ogni anno tra l’Europa e gli Stati Uniti si contano circa 550mila nuovi amputati di arti inferiori. Nell’80% dei casi alla base ci sono problemi traumatici, mentre il restante 20% va suddiviso tra cause traumatiche, malformazioni congenite e tumori. Il progetto che abbiamo avviato nasce dunque da un’urgenza e da un bisogno reale”. Parla così al Cor.Com Nicola Vitiello, ricercatore presso l’istituto di Biorobotica della scuola superiore Sant’Anna di Pisa, riferendosi al progetto europeo Cyberlegs del quale è coordinatore. L’obiettivo è quello di restituire a pazienti amputati, in particolare ad anziani che presentano un quadro clinico compromesso e debilitato, la capacità di camminare con facilità, agilità e senza dispendio di energia. “Camminare è il modo migliore per contrastare l’invecchiamento”, riprende Vitiello, che sottolinea: “quando si fa ricerca non lo si fa a caso, e insieme alle problematiche attuali occorre sempre riflettere su quelle future. Prevenendole”.

Dettagliando, nell’ambito del progetto sono stati sviluppati due dispositivi integrati: una protesi robotizzata che sostituisce l’arto amputato e un’ortesi pelvica (anch’essa robotizzata) che collegata a entrambi gli arti supporta il movimento e agevola il cammino. Proprio in questo dispositivo pelvico e nella sua integrazione con la “gamba artificiale” risiede l’elemento più innovativo: si tratta di una sorta di “tutore attivo” che, dopo la fase sperimentale, assumerà l’aspetto di un paio di pantaloncini indossabili e che agevolerà il movimento delle gambe, sostenendolo nella fase di spinta; l’interazione dei due dispositivi permetterà dunque di camminare, salire le scale, sedersi e rialzarsi da una sedia senza eccessiva fatica, evitando sia pesanti ingombri sia il ricorso a una tecnologia troppo complessa da gestire.

All’interno del progetto Cyberlegs – finanziato nell’ambito del settimo programma quadro dalla Commissione europea e sviluppato in collaborazione tra il già citato istituto di Biorobotica, la fondazione don Gnocchi e partner europei come l’università di Lubiana, la libera università di Bruxelles e l’università cattolica di Louvain (Belgio) – sono stati eseguiti esperimenti anche per “addestrare” i moduli a riconoscere il rischio di caduta, che potrebbe rivelarsi pericolosa in persone anziane: in questo senso un complesso sistema di gestione delle “intenzioni di movimento” del paziente decodifica in circa 300 millisecondi una situazione di rischio. E ancora, è stato sperimentato un sistema inerente lo sviluppo di sensori per trasmettere al paziente le sensazioni del cammino: stimoli, come la percezione di poggiare il piede a terra, che risultano importanti per gestire il movimento e rendere la camminata più naturale.

Per incoraggiare l’utilizzo del sistema, infine, i ricercatori hanno semplificato gli apparati tecnologici con l’obiettivo di ridurre al massimo lo “sforzo cognitivo” di coloro che, un giorno, lo indosseranno. “Ci sono persone che, pur ricevendo una protesi, non la utilizzano e scelgono la sedia a rotelle”, si rammarica Vitiello, che per Cyberlegs si è avvalso del supporto del professor Silvestro Micera e del ricercatore Vito Monaco dell’istituto di Biorobotica, e di quattro ricercatori della fondazione don Gnocchi (Raffaele Molino Lova, Federica Vannetti, Guido Pasquini, Michela Meneghetti).

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