IL PUNTO DI VISTA

Scano: “Verybello, magari il problema fosse nel nome”

Il caso del sito dedicato ad Expo 2015 solleva interrogativi che vanno oltre i punti deboli sollevati finora. Perché riguardano gran parte dei progetti delle PA. E coinvolgono tre punti chiave: organizzazione, progettazione e competenze

Pubblicato il 27 Gen 2015

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In questo intervento non mi soffermerò su quanto già ampliamente detto e ridetto sul sito #verybello in ogni angolo del Web e non solo, visto che tra l’altro alle domande di Guido Scorza ha già risposto il ministro Dario Franceschini peggiorando (a mio avviso) la situazione. Per andare subito al sodo, il problema sta a monte e riguarda non solo il caso #verybello ma gran parte dei progetti delle PA, ed è incentrato su alcune parole chiave: organizzazione, progettazione e competenze.

Il primo punto, organizzazione, è quello più delicato che prevede appunto l’applicazione di una parola spesso sconosciuta all’interno della PA: collaborazione. La nascita di progetti come verybello è il classico esempio di come ci sia la voglia di marcare il territorio da parte del ministro, di lasciare un segno aggiuntivo all’attività di comunicazione di Expo. Perché lanciare a nemmeno cento giorni dall’inizio di Expo un ulteriore sito Web dopo aver investito un bel po’ nella promozione del sito principale di Expo 2015? Non era preferibile posizionare all’interno di quel sito web una sezione specifica che andasse ad attingere informazioni da un unico database nazionale degli eventi, a cui ogni singola realtà locale contribuisce in modo più o meno automatizzato?

Purtroppo tale sistema con relativa standardizzazione non esiste, pertanto aspettiamoci informazioni e dati disallineati in diversi siti Web: italia.it, enit, verybello, Expo. Questo andrebbe fatto dal Mibac: definire una catalogazione delle tipologie di eventi, definire degli schemi per la loro condivisione. Solo così ci può essere una vera condivisione dei contenuti. Se poi, come è parso dalle risposte del ministro, la modalità organizzativa è “decido io”, a questo punto non c’è altro da aggiungere se non che questi comportamenti portano danni (erariali, di immagine, di indotto).

E questo ci porta al secondo punto, la progettazione. Come è stato progettato Verybello? In assenza di quel “collante” di dati e informazioni, è stato progettato come un sito a sé, un mero raccoglitore di dati e informazioni per le quali tra l’altro non è specificata la licenza di utilizzo, ossia non è chiaro se siano riutilizzabili e – soprattutto – se saranno resi disponibili in formato aperto per il riuso. Dati tra l’altro chiaramente incompleti non solo per i casi già segnalati in rete ma anche per tematiche culturali di valore internazionale. Se selezioniamo ad esempio la città di Venezia notiamo come il carnevale di Venezia (31 gennaio 2015 – 17 febbraio 2015) non venga minimamente menzionato mentre altri eventi che comunque iniziano e terminano prima di maggio 2015 sono disponibili a catalogo.

Un sito Web che, come da presentazione ufficiale, avrà vita da maggio a ottobre: siamo cioè in presenza di un DOA (Death On Arrival), un prodotto nato morto, senza possibilità di evoluzione, solo per il piacere di avere un prodotto da presentare alla stampa e per spendere qualche decina di migliaia di euro. Un sito tecnicamente progettato male, con forti problemi di navigazione e tecnicamente fuori legge rispetto alla tematica dell’accessibilità.

Sul tema accessibilità, che mi sta a cuore, vorrei aprire una parentesi e porre l’attenzione sul fatto che il contratto sottoscritto deve prevedere il rispetto dei requisiti di accessibilità, pena nullità del contratto stesso. A questo punto è doveroso verificare se ciò sia stato effettivamente sottoscritto o meno, e nel casoadeguare le specifiche informazioni. Se poi pensiamo all’uso di un brand totalmente differente rispetto a quello promosso da Expo 2015, direi che si è prodotto un sito Web a scadenza e non un progetto di comunicazione nel Web con possibili evoluzioni future. Che senso ha quindi progettare in questo modo? Se il senso è quello del punto precedente, ossia “decido io”, allora siamo all’ennesimo danno.

Concludo con le competenze. Il tema delle competenze è essenziale per la buona riuscita di qualsiasi progetto, sia esso la gestione della ricostruzione di Pompei o la realizzazione di un progetto di comunicazione Web. Ultimamente si parla molto di competenze digitali, e in questo progetto pare manchino soprattutto in ambito decisionale. Come ben spiegato nelle linee guida di Agid, servono competenze digitali non solo da parte degli “smanettoni del codice” ma – soprattutto – da parte dei decisori delle PA onde evitare risultati come verybello. Un prodotto come verybello in una nazione digitalizzata non sarebbe mai nato. Invece come sempre accade ci si divide in due gruppi: quelli che vengono definiti “lecchini digitali” e quelli che vengono definiti “rosiconi digitali” ossia chi rispettivamente plaude e critica. Questo mio pezzo verrà pertanto probabilmente bollato come rosicone mentre lo scopo è quello di far comprendere che se non si crea cultura digitale, se non si coinvolgono le eccellenze in tali progetti, la nascita di spazzatura digitale come verybello (che non potrà nemmeno essere gettata come riciclata, visto che ha la scadenza come il latte) continuerà ad esserci… come già c’è, quotidianamente, da parte di PA locali, regioni, partecipate solo che in quel caso passa tutto al massimo su qualche quotidiano locale. Vogliamo parlare anche dello stesso sito Expo, dove una pagina di promozione dell’evento di inaugurazione (non un evento qualsiasi) contiene un’immagine fatta con taglia/incolla con l’accetta)? Il turismo, come altri settori in Italia, senza una presa di coraggio verso la qualità e le competenze morirà grazie anche agli incompetenti digitali.

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