Martusciello: “Troppe asimmetrie tra broadcaster e Ott, servono nuove regole”

Il commissario Agcom: “L’innovazione tecnologica ha portato all’integrazione di uno dei settori più regolati dell’economia con uno di quelli meno regolati in assoluto: Internet. Perciò è giustificato riconsiderare il regime giuridico dei servizi audiovisivi nel nuovo contesto”

Pubblicato il 02 Feb 2015

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“L’innovazione tecnologica ha portato all’integrazione di uno dei settori più regolati dell’economia, quello dell’attività televisiva, con uno di quelli meno regolati in assoluto, Internet. È quindi giustificato procedere a una riconsiderazione di fondo del regime giuridico dei servizi audiovisivi nel nuovo contesto di mercato, sia in ambito comunitario sia in quello nazionale”. Lo dice a CorCom Antonio Martusciello, Commissario dell’Agcom e relatore di un pacchetto di delibere relative all’evoluzione del settore televisivo e al suo impatto sulle politiche regolamentari.

Approvato dal Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, presieduto da Angelo Marcello Cardani, il pacchetto contiene una delibera che riguarda la chiusura dell’indagine conoscitiva sulla “Televisione 2.0 nell’era della convergenza” per verificare la coerenza della regolamentazione esistente con le dinamiche di un mercato in profonda evoluzione. “Bisogna ristabilire – prosegue il Commissario – un level playing field fra piattaforme trasmissive e le diverse modalità di fruizione, tutte comunque incentrate sulla diffusione di contenuti. Le azioni normative da compiere in questo campo sono un mix di liberalizzazioni e di introduzione di nuove regole. La nostra indagine – spiega Martusciello – ha fatto appunto emergere l’esistenza di asimmetrie normative tra la televisione lineare e i nuovi servizi offerti via Internet e la necessità di ridefinire gli aspetti salienti dell’attuale disciplina”.

Quali in particolare?

Attualmente, alla luce del processo di convergenza in atto, si osserva un incremento del grado di concorrenza e di sostituibilità tra i servizi della televisione tradizionale e quelli offerti via Internet. In conseguenza di questo processo non sembra più attuale l’applicazione di un diverso regime giuridico a queste due tipologie di offerta. Il tema dell’asimmetria regolamentare emerge con chiarezza in una molteplicità di fattispecie, si pensi ad esempio alla tutela dei minori o alla pubblicità: ciò che è rigidamente vietato nelle trasmissioni broadcast, è invece consentito su Internet. Non possiamo continuare ad applicare ai nuovi servizi audiovisivi obblighi quali la tenuta del registro dei programmi, che erano stati pensati per la televisione tradizionale e che oggi si rivelano onerosi e non proporzionati agli scopi per i quali erano nati.

Quali settori sono maggiormente vittime di queste asimmetrie?

Da un punto di vista concorrenziale i fornitori di servizi media audiovisivi, sono soggetti alla Direttiva 2010/13/Ue mentre i cosiddetti operatori Ott non sono vincolati dalla disciplina, nazionale e comunitaria, dei fornitori di contenuti. Va da sé che il rispetto di queste norme comporti oneri quali obblighi di programmazione ed investimento in opere europee o i limiti di affollamento pubblicitario. È evidente dunque l’asimmetria fra chi fornisce servizi analoghi su piattaforme diverse.

Ne possono scaturire inefficienze? Di che tipo?

Facciamo un esempio concreto: gli obblighi di investimento in opere europee di produttori indipendenti. Questa disciplina, nata in un mondo analogico, non è probabilmente più funzionale nel mondo delle emittenti multicanale e multi piattaforma. La norma prevede l’obbligo per l’azienda di investire il 10% dei propri introiti netti annui in opere di produttori indipendenti. Da un lato comporta per i broadcasters un vincolo nella composizione del palinsesto, dall’altro implica l’obbligo di approvvigionarsi di prodotti che in alcuni in alcuni casi possono non essere coerenti rispetto alla linea editoriale dell’emittente. È chiaro che si determina un’inefficienza nell’allocazione delle risorse del mercato.

Come si possono rendere coerenti gli obblighi degli Ott con agli obblighi dei broadcasters?

Sicuramente bisognerà lavorare sul principio di responsabilità editoriale, che individua il soggetto tenuto a determinati obblighi, mentre al netto di questa responsabilità, attribuita a tutela dei cittadini-consumatori, diventa difficile per il regolatore attuare azioni positive nei confronti di attori che pur operando nel settore della comunicazione, inteso in senso economico, si trovano in un’area grigia della regolazione. Questa responsabilità rappresenta una delle caratteristiche fondamentali dell’industria audiovisiva ma, nella diffusione di video su Internet, tende a sfumare, assumendo contorni incerti. Il tema della responsabilità editoriale va dunque affrontato e risolto con una definizione al passo con i tempi che tenga conto della nuova catena del valore e delle responsabilità di ciascun player all’interno di essa.

Perché è necessario intervenire ora?

Perché il mercato ha evidenziato una marcata difficoltà ad ottemperare a questa disciplina. Le posso citare come indicatore l’incremento delle richieste di deroghe dagli obblighi a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni, dovuto anche ad una disciplina nazionale maggiormente stringente per tali vincoli, rispetto al quadro normativo comunitario.

Queste preoccupazioni sono condivise anche a livello comunitario?

A livello comunitario, come dicevo, la materia è regolata dalla Direttiva del 2010 sui Servizi Media Audiovisivi. Tuttavia la Commissione, a pochi anni dalla sua emanazione, conscia dei cambiamenti in atto, ha già avviato le attività di studio necessarie per una sua review. Tra queste possiamo ricordare il Libro Verde “Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori”. Questo Libro verde, i cui esiti sono stati sottoposti a consultazione, ha dato vita ad un ampio dibattito circa le implicazioni delle trasformazioni in atto nel panorama dei media audiovisivi. C’è stata una presa d’atto che il passaggio alla televisione connessa rappresenta un passaggio evolutivo tale da mettere in dubbio, per sua natura, alcune decisioni essenziali prese nel quadro della regolamentazione del settore. Conseguentemente, la nuova Commissione europea, da poco insediata, ha indicato nella sua road map il processo di revisione della Direttiva Smav come una sua priorità.

Cosa intende fare l’Autorità?

Compito dell’Autorità non è ridefinire la disciplina, ma attuarla e verificarne l’efficacia al fine di segnalare al legislatore eventuali esigenze di riforma. A tal fine l’Agcom ha appena avviato un’indagine conoscitiva sul settore della produzione audiovisiva tesa a monitorare questo mercato, le cui risultanze saranno messe a disposizione sia del Parlamento italiano che della Commissione europea.

Serve anche una razionalizzazione dei regolamenti vigenti? Come intendete procedere?

Nelle more di una riforma strutturale e preso atto delle attuali asimmetrie regolamentari, l’Autorità ha deciso comunque di provvedere alla redazione di un testo unico dei regolamenti in materia, sino ad oggi frammentati in diverse delibere risalenti anche al 2009. L’Agcom opererà una risistemazione dei testi da un punto di vista di coerenza logica e fine tuning di alcuni aspetti procedimentali. Sarà un’ulteriore occasione per offrire trasparenza agli operatori.

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