E’ stato un cda interlocutorio quello che ha visto impegnati i consiglieri di Telecom Italia per tutto il pomeriggio di oggi. La riunione è stata convocata per riferire dell’esito del viaggio brasiliano dell’Ad Marco Patuano e del presidente Giuseppe Recchi nonché per fare una valutazione informale sul business plan 2015-2017 in vista del board del 19 febbraio che lo dovrà approvare.
Il piano industriale 2014-2015 prevede circa 5 miliardi di investimenti aggiuntivi: di questi oltre un miliardo si riferiscono agli investimenti per cablare il Centro-Sud, come annunciato da Patuano stesso.
Per quanto riguarda la partita brasiliana, nei giorni scorsi in Brasile i vertici della compagnia, incontrando il governo di Dilma Rousseff, hanno ribadito la volontà di rimanere nel Paese come investitori di lungo periodo. “Continuiamo a scommettere sulla crescita nel Paese – ha detto Patuano – Nel 2015 prevediamo un’accelerazione degli investimenti nella banda larga mobile. Il contesto macroeconomico non preoccupa perché ”per noi che siamo investitori di lungo periodo un solo ciclo economico com’ è quello che sta attraversando il Brasile, non è un problema”.
Il cda si è tenuto nel giorno in cui è avvenuta l’uscita della Findim di Marco Fossati dal numero degli azionisti rilevanti di Telecom Italia, con la riduzione della quota appena sotto la soglia del 2%: uscota che ha lasciato perplesso più di qualche osservatore. Innanzitutto perché la liquidazione della posizione ha comportato una minusvalenza. Tanto più che la decisione di vendere è arrivata in un momento abbastanza buono per il titolo che aveva recuperato quota 1 euro (soglia che ha abbandonato oggi, con la reazione del mercato alla discesa di Fossati).
Ad alcuni la mossa sembrava anche poco coerente con la situazione dell’azionariato di Telecom e in particolare con i problemi che sta avendo l’iter per lo scioglimento di Telco e che avrebbero potuto portare Findim a giocare un ruolo preminente in virtù del suo 5%. In realtà l’allontanemento e il raffreddamento di Fossati e della sua Findim per il dossier Telecom era iniziato da tempo e il possibile allungamento dei tempi per il via libera allo scioglimento di Telco da parte delle autorità sudamericane hanno contribuito non poco a accelerare la decisione di allentare la presa.
Nello specifico hanno pesato non solo le considerazioni sul possibile allungamento dei tempi per l’ok alla scissione della holding, ma anche alcune considerazioni sulla valenza che potrebbe avere il nuovo socio, Vivendi una volta entrato in possesso della pienezza dei poteri relativi alla quota azionaria. Qualora Vivendi mettesse in piedi operazioni con forte valenza industriale, l’appoggio di Findim sarebbe assicurato. Qualora invece prevalesse una logica più marcatamente politica, come quella che sorregge molti dei possibili progetti di integrazione fra Telecom e Mediaset, circolati finora sui giornali e nelle banche d’affari, l’appoggio dei Fossati potrebbe – secondo gli osservatori – potrebbe venire meno.
Alla base della riduzione della quota ci potrebbero essere anche divergenze con il management, soprattutto per quanto riguarda il Brasile. Lo scorso mese di novembre Fossati aveva spiegato che non c’erano deleghe in bianco per Oi, ovvero che l’operazione avrebbe avuto senso industriale ma non fatta a debito.