Spid, Coppola e Quintarelli: “Avanti nonostante il ricorso al Tar”

I “padri” dell’identità digitale commentano l’azione di Assintel e Assoprovider che chiedono di bloccare il progetto perché le Pmi sarebbero escluse dalla partita. I due politici evidenziano la necessità di garantire adeguati livelli di sicurezza: “Trasformare tutto in un business è estremamente rischioso”

Pubblicato il 06 Feb 2015

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“Sullo Spid non ci può essere business e non ci deve essere”. Paolo Coppola, deputato PD e consulente del ministro Madia per nonché presidente del tavolo per l’Agenda digitale di Palazzo Chigi, commenta così il ricorso al Tar di Assintel e Assoprovider che chiedono l’annullamento del Dpcm che istituisce lo Spid, il sistema pubblico di identità digitale di cittadini.

“Quel ricorso – dice Coppola a CorCom – è frutto di un fraintendimento: ovvero l’idea per cui con l’identità digitale ci possa fare business. Non è così. Lo Spid è un’infrastruttura che va nella direzione di una razionalizzazione e di un efficientamento della macchina statale che, finalmente, mette il cittadino al centro”.

Assintel e Assoprovider puntano il dito contro il capitale sociale troppo alto che, di fatti, impedisce alle Pmi di diventare identity provider. “Il governo – spiega ancora Coppola – ha ritenuto giustamente opportuno che non tutti potessero distribuire identità digitali così come adesso, ad esempio, solo i Comuni possono fare le carte di identità. Il principio è lo stesso. Solo che, in questo caso, per velocizzare la diffusione dello Spid si sono coinvolti privati che avevano maturato forti esperienze su questo fronte”.

Contattato da CorCom, Stefano Quintarelli, ora presidente del comitato di indirizzo di Agid e “padre” insieme a Coppola dello Spid, ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Tracce del suo punto di vista di trovano però sulla sua pagina Facebook. In un commento a un suo post Quintarelli ricorda “quando la mail si pagava, poi è arrivato qualcuno che l’ha data gratis perché sinergico con i suoi servizi. Così, mi chiedo se non possa succedere una cosa simile con chi già oggi fa autenticazione con livelli di garanzia più che adeguati. Vedremo. Ci sono diversi modi per tirare una linea per determinati servizi al pubblico (la banca non la può fare chiunque, ad esempio). Per Spid i governi hanno stabilito quello. Vedremo che dirà il Tar (e soprattutto quando)”.

Il ricorso al Tar del Lazio di Assintel e Assoprovider è stato depositato il 4 febbraio. “L’Impugnazione – spiegano Assintel e Assoprovider in una nota – si è resa necessaria in quanto la stessa norma contiene disposizioni direttamente lesive dei diritti degli associati. In particolare il sistema delineato dalla Presidenza del Consiglio impedisce alle piccole e medie imprese italiane del comparto Ict di far parte del sistema di identificazione delle identità digitali che fa da perno all’intero sistema di rapporti tra cittadini digitali e Pubblica Amministrazione”.

“La presenza di un capitale molto elevato (non inferiore a 5 milioni di euro ndr) per esercitare le attività di identificazione e l’artificiosa distinzione tra fornitori di servizi e gestione delle identità digitali, in un sistema di identificazione che vede al contrario già protagoniste le imprese aderenti alle due Associazioni – spiegano da Assintel e Assoprovider – determina l’esclusione dal mercato dei servizi digitali delle Pubbliche Amministrazioni di migliaia di piccole e medie aziende italiane”.

“La norma sembra inoltre contrastare con quanto previsto dal Regolamento Europeo in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno, approvato a luglio dello scorso anno – conclude il comunicato – La partenza del progetto ad aprile 2015 annunciata dalle Istituzioni a ciò delegate dalla Presidenza del Consiglio, ha determinato la richiesta da parte delle associazioni di sospendere in via cautelare l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto del presidente del Consiglio dei Ministri”.

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