Google deve continuare a deindicizzare alcuni contenuti in risposta al diritto all’oblio, su tutti i propri motori di ricerca europei, ma non su quelli extra Ue. Dovrebbe adottare comunque alcune precauzioni standardizzate per tutelare il diritto alla libera informazione.
E’ il senso del rapporto appena pubblicato dall’Advisory Council che Google ha creato proprio per capire come meglio trattare le richieste di diritto all’oblio che stanno arrivando dopo la nota sentenza della Corte di Giustizia europea.
Sappiamo che Google sta già accogliendo alcune di queste richieste, togliendo dai propri indici i relativi siti web. Ciò che manca è rendere più chiara e coerente quest’azione, adottando alcune misure per contemperare il diritto all’oblio con quello della libertà d’informazione. Raggiungere questo equilibrio è appunto lo scopo del rapporto, redatto da alcuni massimi esperti individuati da Google.
Per prima cosa, si dicono i criteri che Google dovrebbe seguire per accordare o no il diritto all’oblio. Dovrebbe tendere a negarlo in caso di personaggi pubblici o se i fatti in questione sono veri; dovrebbe più spesso accordarlo, invece, se si tratta di informazioni sensibili, per esempio sulla salute degli interessati. Un criterio abbastanza inedito, finora, è quello della credibilità della fonte: nel caso di autori o testate autorevoli, la deindicizzazione deve essere più difficile.
Un secondo punto è la portata geografica della deindicizzazione. Gli esperti si sono chiesti se farla solo sul portale nazionale del Paese in questione (quindi Google.it nel caso di richieste italiane) o su tutti gli ambiti di Google (compresi quindi quelli extra europei). Ha prevalso una posizione intermedia: deindicizzazione su tutti i portali europei di Google, qualunque fosse la nazionalità del richiedente.
Va detto che uno degli esperti, il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales, si è schierato del tutto contro il diritto all’oblio, sostenendo che la sentenza della Corte non è efficace e che Google dorebbe aspettare una normativa emanata dal Parlamento europeo.
Ultimo punto sono alcune idee innovative che secondo gli esperti Google dovrebbe adottare. Per esempio, avvisare per tempo gli editori, dando loro così la possibilità di opporsi subito alla richiesta di oblio presso la stessa Google (un meccanismo che può ricordare quello della delibera copyright di Agcom. Gli esperti sostengono inoltre che gli interessati dovrebbero avere facoltà di opporsi anche presso un’autorità competente.
Vogliono così affrontare un punto delicato della questione, cioè un’asimmetria delle regole. “Da una parte, è facile chiedere la rimozione (basta compilare un modulo di Google); dall’altra, ad oggi non c’è un modo per opporvisi, dato che Google non è obbligata a indicizzare alcunché”, commenta al Corcom Guido Scorza, tra i massimi esperti di questo tema.
“Sono tutte idee di buon senso, del resto già in linea con i precetti delle Autorità Garanti della Privacy europee. Prevedo che Google adotterà i punti scritti dai suoi esperti”. “Le stesse autorità ritengono però che Google non abbia titolo per avvisare gli editori e sono quindi contrarie”, aggiunge Scorza.
Sembra insomma che, nonostante gli sforzi degli esperti, un punto fermo sulla questione non è stato ancora posto. Restano alcuni nodi aperti, che probabilmente toccherà alle istituzioni europee affrontare.