IL CASO

Giallo in casa Arduino: lascia Massimo Banzi?

Secondo alcune fonti di stampa lo storico Ad e co-fondatore della piattaforma open source sarebbe stato sostituito da Federico Musto. Ma la società dice a CorCom: “Affermazioni del signor Musto non condivise con noi, Banzi non ha lasciato alcuna carica”

Pubblicato il 09 Feb 2015

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È giallo sui nuovi assetti dirigenziali in casa Arduino, la società ideatrice della piattaforma hardware open source nata nel 2005 da un team italiano che consente anche ai meno esperti di programmare ed è usata in tutto il mondo dai makers, la nuova generazione degli artigiani digitali. Alcune agenzie hanno scritto oggi che Federico Musto è il nuovo amministratore delegato di Arduino. Succede, hanno aggiunto, al co-fondatore e primo Ceo di Arduino, Massimo Banzi. Ma dall’ufficio stampa di Arduino arriva a Corcom una smentita: “Le affermazioni fatte dal signor Musto – dicono – non sono state condivise dalla società Arduino e Massimo Banzi non ha lasciato alcuna carica. Arduino risponderà con un suo comunicato nelle prossime ore”.

“Da oggi la realtà industriale che era il gruppo Arduino cambia – ha spiegato il nuovo Ad alle agenzie – perché il mercato dei makers non è più quello che era ai tempi del bar di Ivrea e sulla scena ci sono in gioco oggi player importanti come Intel e altri colossi internazionali. Noi rimaniamo fedeli a ciò che siamo stati sin dall’inizio, una società che produce software e hardware open source, ma è necessario avere una dimensione internazionale che sia in grado interagire con questi gruppi”.

Fondato nel 2005, il gruppo ha venduto nei primi tre anni 50 mila schede, affermandosi nel settore dei maker e attirando l’attenzione di Brian Krzanich, che appena divenuto Ad di Intel ha concluso un accordo con la Arduino per realizzare la scheda Intel Galileo alla fine del 2013.

“L’accordo di Intel – ha proseguito Musto – ha avuto un effetto domino, dandoci visibilità e attirando su di noi l’attenzione di altri gruppi che ci hanno contattato per realizzare dispositivi con la nostra tecnologia, come per esempio Bosch. Questo ci ha fatto capire che ci serviva una marcia in più. Oggi la produzione di Arduino continua ad essere italiana ma abbiamo aperto filiali a Shanghai, in Giappone e negli Usa e quei mercati ci permettono di poter crescere nonostante la stagnazione e la crisi europea”. Le schede Arduino hanno aperto un mondo di possibilità legate a progetti realizzabili a basso costo di robot, dispositivi indossabili e applicazioni per ‘Internet delle cose’.

“Nelle fiere dei makers – aggiunge Musto – si vedono progetti davvero per tutti i gusti. Uno di questi, che ho visto a New York, usava la scheda per rilevare unità e temperatura del terreno di una pianta di pomodoro, per innaffiarla quando era secca, inviando anche una foto della pianta via email al proprietario. E i maker sono davvero di tutte le ‘taglie’: ho visto bambini esporre accanto a ingegneri e con eguale entusiasmo e determinazione”.

Rispetto alla scheda originaria, concepita per scopi didattici, oggi nel catalogo Arduino ci sono più di 80 prodotti, “che saranno sempre di più, grazie a nuove tecnologie e nuove schede che in parte sono disponibili già oggi, in un orientamento che segue le richieste del mercato, in particolare nei settori educational e della domotica. Quest’ultima sta avendo un grande sviluppo. E il software open source che le accompagna e che permette oggi una programmazione tradizionale presto sarà sempre di più mobile e wireless”.

Le dichiarazioni rilasciate da Musto alle agenzie non sono state accompagnate da alcuna bio del personaggio. Da quanto raccolto in Rete emerge che Musto, basato a Boston, è presidente e Ceo di Dog Hunter, società impegnata nell’Internet of Things, ed è stato vicepresidente e general manager Emea di Red Hat, compagnia americana multinazionale di software che si dedica allo sviluppo e al supporto di software libero e open source in ambiente enterprise.

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