Turismo digitale, Carniani (Bto): “Offerta polverizzata favorisce i colossi online”

Il founder e direttore di Buytourismonline: “I grandi player internazionali quali Expedia, Booking.com e Tripadvisor si stanno aggregando in pochissimi gruppi. AirBnb è il fenomeno disruptive. E se Google sbarcasse nel settore metterebbe a tacere tutti”

Pubblicato il 17 Feb 2015

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L’ultima edizione di Buytourismonline, la manifestazione internazionale sul turismo, ha registrato numeri in costante crescita rispetto agli anni precedenti: 8mila visitatori, 6mila utenti unici via web, +15% di biglietti venduti, +26% di ricavi da sponsor ed espositori. Una dimostrazione di come il turismo digitale susciti ormai grande interesse in Italia, con gli addetti ai lavori impegnati a trovare un punto di equilibrio per non farsi “schiacciare” dalle Olta (Online travel agencies) e rimanere competitivi in un mercato sempre più agguerrito. Fondatore e direttore di Bto è Giancarlo Carniani, ormai figura di riferimento del settore.

Carniani, quali sono le principali tendenze emerse da Bto?
Intanto il fatto che i grandi player del turismo online si stiano aggregando in pochissimi gruppi multinazionali, con una manciata di outsider. In campo ci sono Expedia, Booking.com e Tripadvisor, mentre come elemento disruptive emerge il fenomeno Airbnb, individuato da molti come il prossimo boom. I grandi player acquistano ormai ogni cosa sia acquistabile: tutte le startup che prendono quota vengono volta per volta fagocitate.

E al di là di Airbnb?
Giusto per fare un esempio, trovo interessante che i piani di Google sul travel ancora non stiano emergendo nonostante se ne parli da molto tempo. Così come si sente parlare di una ipotetica alleanza di Google con strutture di gestione ed enti pubblici preposti al turismo italiani: ma la ritengo un’ipotesi più che remota. Resta chiaro che se Google sbarcasse nel settore metterebbe a tacere tutti: sarebbe sufficiente abbassare la commissione per creare scompiglio tra le Olta.

Che indicazioni vengono dal mercato internazionale?
Per la prima volta negli Stati Uniti il mercato delle Olta è calato, mentre in Europa è ancora in salita. Questo potrebbe voler dire che negli Usa le campagne di comunicazione delle grandi catene alberghiere riescono a fidelizzare i clienti mentre in Europa, dove l’offerta è polverizzata, il terreno è più fertile per i colossi online.

Saranno gli appartamenti privati a sparigliare le carte?
Non si tratta più di una moda, ma di un nuovo modo di viaggiare. Ultimamente in un tweet il fondatore di Airbnb ha fatto una constatazione interessante: diceva che Marriott ha presentato un piano che prevede una crescita di 30mila camere il prossimo anno, mentre Airbnb crescerà di 300mila camere. Il famoso detto live like a local sta diventando un mantra. Questo potrebbe portare alla sparizione completa delle basse categorie alberghiere: l’entry level sarà quello delle tre stelle, mentre tutto il resto sarà sostituito dalle accomodation alternative.

Quali segnali arrivano dal mercato italiano?
Non è facile capire cosa si può fare in Italia. Abbiamo visto molte prove. Anch’io sono imprenditore, e cerco di disintermediare come posso. Ma secondo me alcune battaglie sono perse in partenza, come quella sulla parity rate, che non è un elemento così importante per le Olta. Le loro statistiche dicono che un terzo dei navigatori cerca il proprio hotel su Booking e poi prenota attraverso un altro canale. Ma la posizione dominante non ne viene per ora nemmeno scalfita.

Qual è il ritardo digitale che sconta l’Italia in questo campo?
L’Italia è il paese più desiderato al mondo nell’immaginario collettivo, ma questa affermazione non trova riscontro nei numeri. È confermato il calo nel ranking mondiale a danno di destinazioni emergenti come Cina e Turchia. Ma è anche vero che il turismo, secondo i dati del World travel and tourism council, rappresenta l’11% del Pil Italiano: numeri che però non vengono tradotti in investimenti ed economie di sviluppo del settore. La causa sono le legislazioni frammentate per regione. E poi c’è bisogno di investire sull’innovazione, sulle startup, cogliendo l’opportunità offerta da un settore che crescerà per i prossimi 10 anni. La priorità è che il Pil che produciamo a favore delle multinazionali venga riportato in Italia.

Come sarà possibile ottenere questo risultato?
In parte succederà naturalmente: i consumatori imparano sempre più a usare il web e hanno sempre meno bisogno di intermediari. Oggi atterrano con più facilità sui siti proprietari.

E il ruolo delle istituzioni?

Quando il pubblico ha tentato di fare il privato realizzando esperienze di booking online ha quasi sempre fallito. Visit London ci riesce, ma in Italia leggi e leggine rendono problematico questo approccio. La semplificazione delle regole dovrebbe essere un obiettivo prioritario. In Italia nascono idee brillanti, che però hanno successo all’estero. La nostra difficoltà non è tanto nelle idee, che ci sono e sono buone. Il problema è che non c’è nel Dna nazionale la propensione al finanziamento privato per le idee di business. Quando i finanziamenti vengono dal pubblico l’esperienza dimostra che difficilmente si creano realtà di successo. Bisognerebbe trovare il modo per incentivare le banche a investire sulle startup italiane: potrebbe essere, insieme alla semplificazione, una mossa in grado di generare un grande cambiamento.

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