Il Cdm adotterà martedì 3 marzo il piano nazionale banda ultra larga dopo la fase di consultazione pubblica. Lo ha annunciato – a quanto si apprende – il premier Renzi nell’incontro con i parlamentari Pd. Nelle settimane successive in provvedimenti, o già incardinati in Parlamento o con dl ad hoc, saranno indicate le misure per realizzarlo.
La novità contenuta nella versione finale del Piano ultrabroadband ci saranno misure di defiscalizzazione nelle aree nere. Secondo quanto risulta a CorCom si punta a spingere la realizzazione delle nuove reti anche nelle aree a forte concentrazione di investimenti in particolare facendo leva sull’upgrade delle connessioni da 30 Mbps a 100 Mbps che per non cadere nelle maglie delle normativa europea sugli aiuti di Stato devono prevedere un “upgrade tecnologico”. E l’upgrade tecnologico nelle aree nere non può che avvenire attraverso la tecnologia fiber-to-the-home visto che nelle grandi città e nei centri urbani di media dimensione di fatto con il fiber to the cabinet già si garantiscono prestazioni elevatissime in termini di connettività alla Rete.
Si ricorda, infatti, che le norme Ue in materia di aiuti di stato sulle reti a banda larga e ultra-larga all’articolo 3.6 (paragrafi 82, 83 e seguenti) prevedono incentivi nelle aree nere NGA solo a fronte di un salto di qualità tecnologico e quindi qualora le reti Nga non raggiungono l’abitazione finale con reti in fibra ottica e la situazione del mercato non evolva verso al fornitura di servizi superiori ai 100 Mbps.
Una decisione, quella del governo, che potrebbe ribaltare tutti i piani delle telco. Telecom Italia, non a caso, ha già annunciato una forte spinta degli investimenti nell’ultrabroadband e anche nel fiber-to-the-home: 500 i milioni di euro di investimento di qui ai prossimi tre anni che saranno destinati ai collegamenti Ftth con l’obiettivo di coprire le prime 40 città italiane.
Inoltre il governo sta studiando un Fondo dei fondi per il finanziamento dei piani operativi pubblici in banda larga. Lo riporta Il Sole 24 Ore secondo cui sarebbe questa l’ipotesi a cui sta lavorando il governo in vista del Consiglio dei ministri di martedì 3, durante il quale di esaminerà il piano banda ultralarga che ribadirà il fabbisogno di oltre 11 miliardi di euro, di cui 8 potrebbero rappresentare la prima fase (4 miliardi dal Fondo sviluppo e coesione, 2 miliardi da fondi regionali Fesr e Feasr e 2 miliardi di investimenti degli operatori).
La novità è l’ipotesi di accompagnare il piano a un decreto legge, da varare subito o più probabilmente in un Cdm successivo – scrive Il Sole 24 Ore – La bozza del “Decreto comunicazioni”, ancora in fase di lavorazione e aperta a modifiche, prevederebbe, appunto, la creazione Fondo dei fondi per il finanziamento dei piani operativi pubblici: lo strumento, accorpando fondi comunitari, nazionali e regionali per la banda larga, faciliterebbe anche la partecipazione di investitori istituzionali con garanzia pubblica. Sul tavolo ci sarebbe anche l’opzione di varare uno specifico Fondo di garanzia per gli investimenti degli operatori.
Inoltre il governo sta lavorando al taglio degli oneri per gli investimenti in nuove infrastrutture in fibra ottica a banda ultralarga: nel dettaglio esenzione di Tosap e Cosap. Una misura – evidenzia però Il Sole – delicata, perché in gioco ci sono le entrate dei Comuni già in difficoltà per il Patto di stabilità.
Altre novità della bozza riguardano il “Completamento del catasto del sopra e sottosuolo”, per coordinare la progettazione delle reti e gestire i permessi con ordine e maggiore efficienza e norme specifiche per l’infrastrutturazione verticale degli edifici con la fibra ottica e l’utilizzo della rete elettrica per la banda ultralarga.
Grande prudenza anche sui possibili voucher o contributi che verrebbero erogati per lo switch-off dalla rete in rame alla fibra: una misura potenzialmente esplosiva per gli equilibri di mercato. Nel governo, a quanto risulta al giornale di Confindustria, si è fatta strada l’idea della necessità di avere misure di incentivazione per la domanda, senza concentrarsi solo sull’offerta e quindi sulla dotazione infrastrutturale. Insomma voucher, in partenza presumibilmente dal 2017 e calibrati rispetto a specifiche fasce di popolazione.