Stefano Pileri: “Subito 200 milioni per il broadband”

Il presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici lancia l’appello a Tremonti affinché si sblocchino le risorse congelate dal Cipe: “A rischio tutti i progetti per il 2010. E senza infrastrutture il Piano E-Gov non si può fare”

Pubblicato il 06 Apr 2010

«Basta con le chiacchiere. È ora di sbloccare i fondi per la
banda larga. E servono subito 200 milioni di euro». Il messaggio
al governo, anzi per l’esattezza al ministro dell’Economia
Giulio Tremonti, porta la firma di Stefano Pileri, presidente di
Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici (Cist).

Presidente, 200 milioni sono sufficienti?
Sì, lo sono per il 2010. Poi serviranno gli altri 600 milioni da
ripartire equamente fra il 2011 e il 2012. Ma intanto è necessario
che il Cipe sblocchi le risorse necessarie ad avviare i progetti
per l’anno in corso. Ma il tempo che resta è davvero poco:
allocare i soldi non fa rima con immediato roll out delle
iniziative. Ci sono i tempi tecnici, e si tratta di mesi, legati
alla messa a gara dei fondi da parte di Regioni e Infratel.
Insomma, se non ci muove subito anche il 2010 sarà archiviato con
un nulla di fatto.

Cosa si può fare concretamente con un quarto delle risorse
promesse?

Si può intervenire su mille centrali. E non è cosa da poco se si
considera che sono in totale 3.900 quelle da aggiornare
nell’ambito del Piano Romani. Le aziende di Tlc sono pronte a
scendere in campo, ma sono di fatto bloccate dal congelamento dei
fondi e ciò crea incertezza nella messa a punto delle politiche di
investimento. Telecom Italia, ad esempio, non ha ancora inserito
nel proprio piano investimenti i 270 milioni che rappresentano la
fetta del Piano Romani (da 1471 milioni di euro, ndr) a carico
delle aziende.

Mille centrali, un obiettivo importante considerato che
Infratel è riuscita a intervenire su molte meno in parecchi
anni.

Sì, per Infratel è una bella sfida. Ma la società si sta
impegnando. Ciò che conta, piuttosto, è procedere con un modello
di tipo scozzese che richiede azioni niente affatto banali: bisogna
individuare le priorità e quindi individuare quali sono le
centrali su cui è necessario intervenire con urgenza. Distretti
industriali e imprese devono essere la prima tappa.

Ma Tremonti dice che c’è la crisi e che bisogna
aspettare la ripresa.

La crisi c’è, è evidente. E pesa sulle decisioni del governo.
Ma non erogare le risorse oggi, che ripeto sarebbero concretamente
disponibili fra mesi, significa perdere un’occasione di rilancio
dell’economia stessa e bloccare le aziende di Tlc per oltre un
anno. Fra l’altro i ministri Scajola (Sviluppo economico, ndr.) e
Brunetta (PA e Innovazione, ndr.) si sono spesi più volte a favore
dello sblocco dei fondi, accompagnati da un nutrito schieramento di
parlamentari. Non si capisce dunque la ragione reale di questa
impasse. Il Piano anti-digital divide italiano è in linea con
quelli dei maggiori Paesi europei. Ma gli altri stanno procedendo
con l’attivazione dei programmi mentre noi restiamo indietro. E
c’è da chiedersi come farà il governo, senza adeguate
infrastrutture, a sostenere il progetto di riforma della PA che fa
leva soprattutto sul piano E-gov 2012. Brunetta ha un’arma
spuntata e sarà difficile che riesca a portare avanti il suo
programma. Penso, ad esempio, alle ricette mediche digitali: senza
connessioni a banda larga l’iniziativa si annacqua
inevitabilmente.

Poi c’è il fronte Ngn
Anche in questo caso bisogna smetterla con le scuse. La
regolamentazione non è affatto un ostacolo perché di fatto le
regole saranno messe a punto a giugno e tutti gli operatori ne sono
al corrente. È prossima l’emanazione della Raccomandazione Ue
sulle Nga e in contemporanea si esprimerà il comitato Ngn Italia.
Insomma si può partire. Gli operatori devono riflettere sul fatto
che le reti in rame non sono eterne e che la domanda di servizi
evoluti, penso ad esempio ai video in alta definizione, è già una
realtà. E poi è innegabile il risparmio sui costi operativi
derivante dalla messa a punto di una rete evoluta.

Chi deve realizzarla?
Occorre una cooperazione pubblico-privato. Veicoli societari
dedicati allo scopo. Alle Regioni spetta il ruolo di occuparsi
delle gare ma anche di mettere a punto iniziative che aggreghino
istituzioni finanziarie e operatori di Tlc per mettere a
disposizione i fondi sui progetti infrastrutturali. Insomma, il
meccanismo è lo stesso che regola la realizzazione di altre
infrastrutture, quali strade e acquedotti, con un piano di ritorno
economico stimato fra i 10 e i 12 anni.

Le Regioni si stanno attivando.
Alcune sì. La Lombardia, ad esempio, ha messo sul piatto circa 50
milioni e sommando tutte le iniziative territoriali si arriva più
o meno a un centinaio di milioni a cui si sommano i 250 milioni di
Infratel. Ma bisogna fare di più. Speriamo che i nuovi governanti,
i vincitori delle elezioni regionali, considerino la banda larga
fra le priorità.

Intanto sono arrivati 20 milioni per le connessioni a
Internet nel decreto incentivi.

Il segnale è positivo. 20 milioni non sono molti ma neanche pochi
se si considera che lo sconto da 50 euro per i giovani fino a 30
anni da solo dovrebbe sortire 400mila nuove connessioni a Internet
quest’anno. Nel 2009 si sono registrate un milione di nuove
connessioni alla banda larga, meno di quelle degli anni precedenti,
quindi l’incentivo è sicuramente utile per la crescita 2010. Ad
oggi ammontano a 12 milioni i collegamenti alla banda larga fissa
su un totale dei 21 milioni di utenti Internet in Italia. E sono
circa 4 milioni i collegamenti al broadband mobile.

So che la domanda è scomoda, ma che ne pensa dell’ipotesi di
fusione Telecom-Telefonica? La rete deve o non restare
italiana?

La nascita di un grande operatore europeo delle Tlc è da guardare
positivamente. Ma è innegabile che ragionando da italiano la
fusione rappresenterebbe una grande promessa mancata. Le Tlc sono
strategiche ancor più di una compagnia aerea di bandiera perché
sulle infrastrutture viaggiano dati sensibili fra cui quelli legati
alla sicurezza di tutte le infrastrutture. Insomma, il nostro Paese
non può fare a meno dell’asset Tlc, quindi bisogna riflettere
con attenzione sul da farsi.

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