“Siamo lieti che con la recente sentenza del Consiglio di Stato si sia rimessa alla Corte di Giustizia l’importante valutazione sulla necessità di esentare dai compensi per copia privata apparati o supporti utilizzati per fini professionali e sulla opportunità che i casi di esenzione dal pagamento non siano decisi da un soggetto – la Siae – che non offre “alcuna garanzia di parità di trattamento tra SIAE e soggetti obbligati al versamento del compenso” ponendo in atto sistemi di rimborso ex post totalmente inefficienti e rendendo, per gli acquirenti di prodotti ad uso professionale, estremamente difficile il rimborso dei compensi pagati indebitamente. Produttori associati ad Anitec hanno nel frattempo impugnato il recente Decreto Franceschini (di aggiornamento del Decreto Bondi) che, emanato a distanza di oltre 6 anni dal primo decreto, non ha tenuto in alcuna considerazione i mutati scenari di fruizione delle opere da parte degli utenti tramite le nuove tecnologie”. È quanto dichiara Claudio Lamperti, vicepresidente Anitec, in merito alla recente sentenza del Consiglio di Stato sul Decreto Bondi sul compenso per copia privata del 2009.
Concetti rafforzati dal Presidente di Confindustria Digitale Elio Catania che sottolinea: “In realtà la sentenza del Consiglio di Stato non affronta le contraddizioni e le arretratezze insite nella legge sull’equo compenso. Rimangono, infatti, aspetti gravi e irrisolti, enormemente amplificati dal recente decreto Franceschini, il conflitto d’interesse sulla consulenza tecnica affidata a Siae, che invece è parte in causa, e l’assenza di una corretta valutazione degli impatti dell’innovazione tecnologica sulle modalità di fruizione dei contenuti digitali. Non credo si possa sfuggire, quindi, a una revisione profonda, in chiave Ue, della normativa sul diritto d’autore, datata 1942. In questo senso il Consiglio di Stato, rimandando la materia alla Corte di giustizia europea, ha compiuto un primo importante passo”.
In proposito è interessante rilevare che questa sentenza ha ritenuto corretto il compenso applicato nel 2009 ai telefonini – 0,90 euro – giudicando il pregiudizio arrecato agli autori dall’utilizzo di questi devices non particolarmente rilevante; ed ai computer sino a 2,40 euro in quanto ritenuti prodotti “ibridi” e destinati anche ad altri scopi. Oggi il Decreto Franceschini, ha stabilito sui medesimi apparati un compenso sino a 5,20 euro (per i computer addirittura divenuto fisso) in un contesto in cui il pregiudizio arrecato dovrebbe essere minore visto il diffondersi presso i consumatori di forme alternative di fruizione di opere protette, come ad esempio le piattaforme quali Spotify, Deezer o Cubomusica che hanno oramai eroso quasi completamente l’eventuale potenziale mercato della copia privata.
Ciò nonostante il Decreto Franceschini potrebbe portare un aumento degli incassi di Siae per copia privata del 75% rispetto al 2014 (stime dal bilancio preventivo di SIAE). ll recente rapporto Gisac evidenzia tra l’altro che il gettito complessivo da compenso per copia privata corrisposto nel 2013 dall’Italia ( SIAE), rappresenta, con i suoi 67 milioni di euro, praticamente un terzo di quanto complessivamente raccolto in tutti gli altri Paesi europei (204 milioni di €).
Non si può oggi ignorare che anche alla luce dei recenti casi in altri Paesi Europei come la Gran Bretagna e da ultimo la Finlandia (che ha abolito il sistema di copia privata introducendo un fondo efficiente in favore degli autori e degli aventi diritto e gestito dal Governo) e il dibattito in corso presso le istituzioni comunitarie, si stia procedendo ad una rivisitazione ed armonizzazione della Direttiva sul Diritto d’autore e la società dell’informazione.
“Si auspica – conclude Lamperti – che sia la Corte di Giustizia che il Parlamento Europeo affrontino ora in maniera maggiormente organica la materia del diritto d’autore e delle nuove tecnologie che devono essere viste come una opportunità per la diffusione delle opere e della conoscenza.