Il piano banda ultralarga approvato dal governo non sarà sufficiente a raggiungere l’obiettivo così sfidante di dare l’accesso a 100Mbits al 50% della popolazione al 2020. Lo dice Asati commentando la strategia adottata dal Cdm di ieri.
“L’obiettivo sfidante al 2020, cioè quello di “domani”, analizzati i tempi medio-lunghi necessari per la realizzazione di una rete fissa così complessa, mirato a dare il 100 Mbit/s al 50% di abbonati, può essere realizzato solo da chi oggi in Italia ha competenze, know-how, capacità di progettazione , realizzazione, esercizio e manutenzione di reti nazionali così complesse e innovative, gestione amministrativa, dialogo di reti di trasmissione con i data center – spiega una nota dei piccoli azionisti – L’assicurazione di garantire la sicurezza della rete a livello nazionale e la sua completa realizzabilità in tempi brevi è presente solo in Telecom Italia”.
Di contro se il coordinamento e l’operatività di un progetto così sfidante, “fosse suddiviso tra Presidenza del Consiglio, Cobul (Comitato per la diffusione della larga banda), Infratel, Agid ( Agenzia per l’italia digitale), Ministero per le politiche Agricole, Agcom, Agenzia per la Coesione, Mise, Regioni e Province Autonome, Anci e il Digital Champion presso la Presidenza del Consiglio, renderebbe sicuramente irraggiungibili tempi , obiettivi supersfidanti e possibilità di successo al 2020”.
In questo senso Asati suggerisce che, dato che non c’è certezza sui tempi di dilazione delle risorse Ue, “l’unica soluzione per quanto si è detto è quella che Cdp immetta risorse adeguate direttamente in Telecom, con una ferrea Governance e che sia assicurato a tutti gli operatori un equivalence of input e output e che le stesse risorse vadano a completare gli ingenti investimenti già riportati nel piano industriale di Telecom Italia per realizzare e anche superare se possibile gli obiettivi indicati dalla Ue per il 2020″.
“Su chi ancora avesse dubbi su un intervento di Cdp direttamente su TI, solo a titolo di esempio ci risulterebbe che la Cdp francese partecipa con il 3.5% in Vivendi di cui il socio di maggioranza è Bolloré con 8.15% – ricorda l’associazione – e che la soluzione da noi proposta scongiurerebbe qualsiasi intento di scalate ostili sulla società da parte di Paesi Extracomunitari e che Sparkle posseduta al 100% da TI ha una delle reti in fibra ottica intercontinentale piu’ estesa e più importante al mondo che potrebbe far gola a molti, mettendo così in sicurezza una rete strategica per il Paese oltre a salvarne completamente l’occupazione e l’indotto”.
Secondo i piccoli azionisti inoltre il Governo “non dovrebbe affidare a una società costituita da solo qualche decina di persone un compito così complesso che, riteniamo, non riuscirà a realizzare”.
A convincere, invece, il fatto di aver recepito “l’opportunità di abbandonare l’obbligo dello switch off della rete in rame e, in particolare, l’imposizione di scelte tecnologiche lasciate al libero mercato degli operatori e l’obbligo per un concessionario di fornire a tutti nel Paese il servizio a 30 Mbit/s (servizio universale)”.
“Promosso” invece lo stimolo dato nel documento sulla digitalizzazione dell’intera PA, “perchè i primi clienti di questa molto elevata banda disponibile, 100 Mbit/s, dovrebbero essere, come già autorevolmente sottolineato, Ministeri, uffici pubblici, ospedali, scuole, tribunali, strutture per la salute pubblica, Regioni, polizia, Comuni”.
“Il Governo dovrebbe fin da oggi impegnarsi, a nostro avviso – prosgue la nota – è ben certo, infatti, che nel 2020 diverrà pressante la richiesta di prestazioni in sintonia con le esigenze della popolazione. Se viceversa si accumulassero nuovi ritardi, questo imponente e ambizioso programma finirebbe per avere, temiamo, una valenza solo di facciata ma finirebbe per non centrare gli obiettivi proposti e lascerebbe ancora il Paese indietro rispetto alle altre realtà nazionali”.
·