Il settore delle torri di trasmissione registra grandi segnali di movimento, tra Tv e Tlc. Quello che ha fatto più discutere negli ultimi giorni è l’offerta pubblica di acquisto e scambio lanciata da Ei Towers, controllata Mediaset, su Rai Way, di cui viale Mazzini detiene il pacchetto di maggioranza. Michele Polo, docente di Economia industriale all’università Bocconi di Milano, oltre che redattore per lavoce.info, interpreta l’iniziativa di Ei Towers come una “mossa di difesa”.
Polo, perché tutto questo interesse dei mercati attorno alle torri?
C’è la convenienza a darsi una struttura societaria dove questo asset sia messo in isolamento, consentendo una organizzazione più efficace. Ma non vedo un legame specifico con il consolidamento nel campo delle infrastrutture di trasmissione per le tlc mobili.
Quali considerazioni possono aver spinto Ei Towers a lanciare l’Opa?
Il settore ha iniziato a smuoversi con la quotazione di Rai Way, perché una infrastruttura di trasmissione che in precedenza era dedicata soltanto alla trasmissione delle frequenze dei canali pubblici è diventata potenzialmente un secondo player nella vendita dei servizi di trasmissione televisiva. È nato un concorrente che potrebbe intaccare una posizione di sostanziale monopolio di Ei Towers.
Quali sarebbero i vantaggi per Ei Towers dal possedere anche la rete di Rai Way, in termini di copertura del territorio e capacità trasmissiva?
Sono due reti che entrambe coprono in modo completo il territorio nazionale. Ei Towers acquisendo le torri di Rai Way non va a colmare buchi che altrimenti dovrebbe colmare con investimenti. È come se una persona single si comprasse una seconda macchina identica alla prima. Ragioni di efficienza non ne vedo. Vedo ragioni di dinamiche di mercato, di potere di mercato, perché nel momento in cui Ei Towers andasse ad acquisire Rai Way tornerebbe a essere l’unico monopolista, potendo vendere i propri servizi non solo a operatori tutto sommato piccoli, ma anche all’altro grande player, che è Rai. Ma se questa è la motivazione non si capisce perché Rai dovrebbe vendere: consegnarsi alle condizioni tariffarie e tecniche con cui un concorrente trasmette il tuo segnale non mi sembra un’idea geniale una volta che hai già la rete. La spiegazione che mi sono dato è che c’è stata un’apertura di mercato, con la quotazione di Rai Way, che ha richiesto una mossa difensiva di Ei Towers per cercare di eliminare un potenziale concorrente.
Ei Towers avrebbe comunque convenienze dall’entrata in Rai Way, anche al 49%?
Non ne vedo molte. Se ha un senso comprare per togliere dal mercato un concorrente, continuare ad avere quel concorrente anche se partecipato non comporterebbe benefici: sarebbe necessario investire molto per acquisire una stake di minoranza di quel genere.
Quali sarebbero i principali nodi da sciogliere in ottica antitrust?
Nello scenario Opas avremmo un soggetto che ha la totalità delle infrastrutture di trasmissione e che è al contempo anche un giocatore nell’ambito dei servizi televisivi, perché detiene contenuti e frequenze. Sarebbe un assetto singolare: la soluzione che è stata adottata in modo ricorrente in questi casi è quella di avere sì un soggetto che detiene da solo le infrastrutture di trasmissione, si pensi al caso inglese o francese, ma totalmente distinto e separato dal punto di vista societario rispetto a chi quelle infrastrutture le usa per competere nei servizi. Dal punto di vista Antitrust il timore ben fondato è che poi ci sia distorsione nella concorrenza: si potrebbero favorire le proprie reti con tutti gli ostacoli che si possono frapporre a una buona trasmissione del segnale. L’antitrust dovrebbe porre enormi paletti per arrivare fino alla separazione societaria.
È plausibile pensare a un contenitore che comprenda Rai Way, Ei Towers e le torri che Telecom sta per quotare?
Le torri mobili hanno una struttura e funzioni diverse da quelle Tv. Non è ovvio che possano esserci sinergie tra l’uno e l’altro. Sembra più uno di quegli scenari da fantapolitica che hanno abbondato nelle ultime settimane, spesso al di là delle logiche industriali.
Quali sono gli orientamenti principali all’estero?
L’ operatore unico è piuttosto comune perché ha un senso: evita di duplicare infrastrutture e garantisce una gestione delle frequenze più efficace. Questo spiega perché è la soluzione adottata in Inghilterra, Francia e Spagna. Se il sistema nasce con la trasmissione televisiva veicolata da un unico operatore di rete e separata dai broadcaster, ci si trova in un ambiente già efficiente. Se si parte come nel nostro caso da due reti diverse e sostanzialmente equivalenti c’è sovracapacità. E non è ovvio come passare a una soluzione di rete unica, che sia posseduta e gestita da un soggetto che non fa il broadcaster.
Posto il problema del consolidamento, come si può arrivare a una soluzione? Deve intervenire il Governo o bastano le authority?
Ad oggi non esiste né una regolazione né un soggetto indicato a regolare l’eventuale servizio di trasmissione offerto a terzi. Laddove si creasse una rete unica sicuramente bisognerà colmare un buco, con il Governo chiamato a chiarire se le tariffe per la trasmissione le può fare il proprietario della rete unica a suo piacimento, oppure c’è un regolatore, come naturalmente sarebbe Agcom, che deve fissare le tariffe e assicurare la parità d’accesso. Ma io sono poco convinto che si possa arrivare a un operatore unico.
Qual è lo scenario più plausibile?
Secondo me siamo di fronte a una boutade, che difficilmente avrà un seguito. Qualunque soluzione intermedia non conviene ad almeno uno dei due soggetti coinvolti.
LA PARTITA DELLE TORRI
Rai Way-Ei Towers, Polo: “La sfida è vincere tutto”
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Pubblicato il 16 Mar 2015
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