LA PARTITA DELLE TORRI

Emilio Pucci: “Broadcasting centrale ancora per 10-15 anni”

Il direttore di e-Media Institute: “Tanto il digitale terrestre quanto il satellitare hanno ancora vita davanti. Il governo si prepari però al salto spingendo lo sviluppo di reti a banda ultralarga e favorendo contenuti di qualità”

Pubblicato il 16 Mar 2015

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Ei Towers punta a divenire il più importante attore nelle torri per il broadcasting sviluppando il suo presidio di mercato e, come è naturale che sia, mette in campo strategie di crescita. Fra queste, l’acquisizione di Rai Way, se la società risultasse per una qualche ragione priva di vincoli sul controllo e la sua quota di maggioranza fosse contendibile, è una opportunità unica. Potrebbe naturalmente avvenire anche il contrario e cioè un’acquisizione di Rai Way su Ei Towers, oppure potrebbe nascere un progetto consortile magari a guida Rai o a guida pubblica per creare un operatore unico”. A parlare è Emilio Pucci, direttore di e-Media Institute, che dal punto di osservazione privilegiato a cavallo tra Italia e Regno Unito analizza gli scenari dell’Opas lanciata da Ei Towers su Rai Way.
Pucci, siamo al fischio d’inizio del consolidamento?
E’ una naturale evoluzione delle dinamiche industriali ed economico-strategiche nel mercato delle broadcasting tower. Gli scenari che tratteggiavamo prima sono le forme che può assumere la tendenza a una maggiore efficienza nella gestione delle infrastrutture e dei servizi. Ma indipendentemente dalla specifica situazione e dalla sua drammatizzazione politica, la fusione fra i due soggetti può essere un’opportunità per le economie di integrazione. Difficilmente i due operatori rimarranno separati con due reti per certi versi simmetriche.
Da questa mossa iniziale può nascere un “campione nazionale”?
Il mercato delle infrastrutture e dei servizi tecnici per il broadcasting radiotelevisivo – dal segmento delle torri fino alla gestione dei Mux, dai servizi di trasmissione fino alle funzioni del playout televisivo lineare e non-lineare – ha subito importanti trasformazioni negli ultimi anni e ha registrato un processo di forte concentrazione. Sono emersi soggetti che sono diventati rilevanti forze di mercato. Nel settore delle torri ogni Paese ospita un grande operatore, e crescono le multinazionali: si pensi al gruppo iberico Abertis Telecom, in Spagna con Retevision acquisita nel 2003, ma presente anche in altri paesi nel mercato delle tlc fra cui l’Italia con TowerCo e le torri Wind. Anche nel settore del playout televisivo, cioè la predisposizione tecnica dei contenuti perché siano pronti per la trasmissione, ci sono stati fenomeni simili e in Italia non ancora manifestati. Ad esempio nel Regno Unito, acquisizione dopo acquisizione, è emerso Ericsson come grande operatore che lo scorso anno ha rilevato Red Bee Media, società nata da una privatizzazione delle funzioni di playout di Bbc. Ericsson oggi domina il mercato britannico del playout, le cui funzioni sono state messe in outsourcing da quasi tutti i broadcaster mentre Arqiva domina quello dei Mux e delle torri.
Resta l’integrazione verticale…
E’ un tema importante. Un eventuale accorpamento dei due soggetti, in qualunque formula si manifesti, dovrà essere configurato in modo che garantisca eque condizioni di accesso agli operatori e concorrenza, oppure dovrebbe essere vietato tout court. Se si dovesse adottare un approccio radicale, orientato alla separazione fra fornitori di contenuti, operatori di rete e gestori delle infrastrutture di trasmissione, bisognerebbe però tenere presente quanto sta accadendo per i contenuti teletrasmessi, dove numerosi operatori cercano un presidio lungo tutta la filiera. I carrier ritornano protagonisti della fornitura di contenuti. Si pensi al caso di BT che ha sconvolto il mercato dei diritti sportivi premium nel Regno Unito creando due canali ad hoc che regala ai propri abbonati. Finanche gli operatori dell’hardware diventano gestori di piattaforme di accesso creando ecosistemi proprietari chiusi. Un approccio coerente dovrebbe separare fornitori di contenuti, gestori di reti e di piattaforme di accesso. Ma è una strada non facile da percorrere: che lo si voglia o meno si deve rilevare che a volte è proprio in alcune forme di integrazione verticale fra funzioni di trasporto, accesso e contenuti offerti che il sistema trova la sua dinamica evolutiva. Penso in particolare all’attuale fase di evoluzione della banda larga fissa e mobile.
Come influirà il mercato dei video online sul sistema delle “torri”?
Il broadcasting, tanto terrestre quanto satellitare direct-to-home, è ormai solo una parte del mercato degli audiovisivi di rete. Ma si tratta di una parte importante, che anche sul lungo o lunghissimo periodo, quello dei 10-15 anni, manterrà centralità. Guardando le previsioni sulla diffusione della banda larga e sulla velocità media reale è difficile pensare che questa potrà sostituire integralmente il broadcasting nelle offerte lineari. Ma i due sistemi saranno sempre più integrati: oggi il mercato delle televisioni connesse è in una fase primordiale, dove sistemi che presto appariranno rudimentali tentano di proporre nuove esperienze di consumo. Ma la banda larga non riuscirà a rendere obsoleto il broadcasting terrestre a breve
Come può prepararsi il Paese?
L’innovazione delle reti è una sfida primaria e lo Stato dovrebbe intervenire assumendo la guida del processo, stimolando e indirizzando gli investimenti dei privati, spesso timidi. La rete digitale terrestre è una parte importante del sistema e oggi deve fare un ulteriore scatto evolutivo, pena il suo progressivo declino. Stesso discorso per la banda larga, che oggi finalmente trova un piano di sviluppo credibile. Sono convinto che lo Stato potrebbe e dovrebbe avere un ruolo importante e anche diretto nello sviluppo e aggiornamento delle reti di trasmissione, creando un contesto nel quale tanto l’operatore pubblico quanto quelli privati possano sviluppare al meglio le proprie attività. Sul versante dei mercati della comunicazione sono due i grandi impegni a cui il Governo dovrebbe dare centralità: uno è la connessione. L’altro, forse ancora più importante, è il dinamismo e la vitalità dell’industria dei contenuti. Entrambi sono componenti alla base dell’evoluzione, non solo digitale, del Paese.

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