118 milioni di euro. A tanto ammontano gli investimenti sulle startup in Italia registrati nel 2014. Lo rileva la ricerca “The Italian Startup Ecosystem: Who’s Who” realizzata da Italia Startup e Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, con il supporto istituzionale del Ministero dello Sviluppo Economico. Si tratta di investimenti complessivi – sia da investitori istituzionali che da business angel, family office e venture incubator – in crescita del 5% sul 2012 e in flessione del 9% rispetto al 2013, quando il totale aveva toccato i 129 milioni.
Analizzando le due componenti del totale degli investimenti, dallo studio emerge che il dato consuntivo degli investimenti istituzionali si attesta a quota 63 milioni, in calo del 23% rispetto al 2013 a causa, in buona misura, della chiusura dei fondi con target di investimento sul Sud Italia. Al tempo stesso però si stima un netto incremento del ruolo svolto dagli investimenti fatti da soggetti non istituzionali, cioè business angel, family office, acceleratori and incubatori: l’apporto di questa tipologia di investitori è cresciuto del 17% nel 2014, raggiungendo i 55 milioni e arrivando a pesare quasi per il 50% sul totale degli investimenti.
L’ecosistema mostra di avere ancora ampi margini di miglioramento nel ruolo giocato dagli investitori istituzionali e non. La cifra totale di 118 milioni di risulta infatti ancora limitata, in valore assoluto, se confrontata con quella relativa ad altri paesi: in Italia si investe in startup hi-tech un ottavo rispetto a Francia e Germania, un quinto rispetto al Regno Unito e poco meno della metà rispetto alla Spagna.
L’ecosistema delle startup rivela tuttavia una forte vitalità: sono più che raddoppiate le startup innovative, che registrano un incremento del 120% passando da 1.227 nel 2013 a 2716 nel 2014, mentre le startup finanziate da investitori istituzionali, venture incubator, Family Offices e Business Angel Networks, crescono del 9% passando da 108 nel 2013 a 118 nel 2014.
“Questa costante fioritura di startup in Italia mostra la dinamicità del comparto – sottolinea Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup – e i dati a consuntivo in merito ai fondi degli investitori istituzionali hanno registrato un rialzo rispetto alle stime di pochi mesi fa, segno che questi attori stanno mantenendo il loro ruolo a sostegno delle giovani imprese innovative. Cresce inoltre il ruolo degli investitori non istituzionali: la quota dei loro investimenti passa dal 36% al 46% del totale. L’iniziativa privata di Business Angel, Family Office, Incubatori e Acceleratori sta acquisendo quindi un peso significativo nell’ecosistema italiano e sta diventando un riferimento per i giovani startupper. L’azione dell’associazione punta ad allargare ulteriormente gli investimenti privati, sia valorizzando le startup più meritevoli, sia coinvolgendo nuovi attori che svolgono, in questo fase, un ruolo marginale nello sviluppo delle giovani imprese innovative: le aziende italiane, ancora troppo timide negli investimenti finanziari e, soprattutto, industriali in startup; gli investitori e le imprese straniere che troppo spesso non hanno nei loro ‘radar’ il nostro ecosistema, ricco di startup di valore, capaci di stare sulla frontiera dell’innovazione mondiale”.
In questo scenario, la ricerca dell’Osservatorio Startup Hi-Tech del Politecnico di Milano ha evidenziato due ulteriori aspetti positivi che stanno accadendo nel nostro paese. “La crescita delle startup innovative (+120%) e di quelle startup finanziate (+74%), e di altri attori come gli “institutional” investitor (+16%), le startup competition (+58%), e le online resources and communities (+35%), sono già elementi significativi nel rivelare il fermento presente nell’ecosistema – sottolinea Andrea Rangone, responsabile degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano e Consigliere di Italia Startup – Ad essi si aggiungono i diversi casi di exit di successo che attestano l’appeal delle startup italiane per le grandi aziende internazionali: Gentium è stata venduta per 732 milioni di euro, Bravofly Rumbo Group è stata quotata per 578 milioni e Octo per 450 milioni. Infine non mancano le startup che hanno raccolto finanziamenti particolarmente elevati, superiori a 2 milioni. Cito le prime tre: Facility live ha raccolto 10 milioni, DoveConviene 8,7 e Genenta Science 6,5. Queste ultime evidenze della Ricerca dimostrano che – nonostante gli investimenti in capitale di rischio siano in Italia ancora contenuti – esistono molti casi che consentono di guardare con fiducia allo sviluppo prossimo del comparto”.
Per quanto riguarda il numero di imprese, in Italia sono ormai registrate 2.716 Startup Innovative (erano 1227 nel 2013); 118 sono le Startup finanziate (108 nel 2013); 36 (32) gli investitori istituzionali di cui 6 pubblici e 30 privati; 100 (97) gli incubatori ed acceleratori di cui 60 pubblici e 40 privati; 38 (40) i parchi scientifici di cui 35 pubblici e 3 privati; 62 (65) gli spazi di coworking; 52 (33) le competizioni dedicate alle Startup.
Rispetto alla prima edizione è stato ampliato il panorama degli attori coinvolti. La ricerca ha quindi evidenziato che in Italia esistono 48 piattaforme di crowdfunding, 46 Fablabs, 21 Hackathons, 38 Empowerment Programs e 46 Bandi.
Inoltre sono state recensite 27 realtà che gravitano nel panorama startup di cui 11 associazioni e 16 online resources e community.
Tra le startup finanziate da investitori istituzionali, quelle nel settore Ict rappresentano il 68% del totale e hanno raccolto il 74% dei fondi. Le startup del settore Life Science rappresentano il secondo comparto con una quota del 23% nel totale delle startup e il 17% degli investimenti complessivi. Le startup Cleantech and Energy occupano il terzo gradino: sono il 4% del totale e hanno raccolto il 6% degli investimenti.
Dalla mappatura del profilo dello sturtupper italiano emerge che l’85% dei founder sono maschi; circa 1 su 4 ha un’età inferiore ai 30 anni, mentre il 31% ha un’età compresa tra i 30 e 40 anni e il 43% è over 40. Dal punto di vista della formazione, il 92% dei founder risulta essere laureato; 2 su 3 hanno una formazione manageriale, mentre 1 su 3 possiede un background tecnico.