“Adesso partiamo: l’importante è che tutte le amministrazioni pubbliche siano in grado di ricevere fatture essendo iscritte al registro Ipa. È questo il vincolo da rispettare dal 31 marzo. Subito dopo ci occuperemo di monitorare quelle che non hanno ancora integrato la fattura elettronica al proprio interno. È un lavoro in progress. E non ci fermeremo mai”.
Le parole di Maria Pia Giovannini, responsabile fattura elettronica e pagamenti in Agid, spiegano bene il senso di questa missione: il percorso verso la fatturazione elettronica non è finito il 31 marzo, ossia da quando anche le Pubbliche amministrazioni locali sono obbligate ad accettare solo fatture nel formato standard Sdi (Sistema di interscambio). Il lavoro da fare è tanto per contaminare di digitale tutta la Pubbliche amministrazioni e, di seguito, le imprese, partendo da questo traguardo.
A che cosa state lavorando per rendere una realtà la fattura elettronica obbligatoria verso la PA?
È un continuo lavoro di cesello, su ogni dettaglio e lacuna da colmare. Per esempio, abbiamo analizzato tutte le liste che censiscono le PA, per capire quali sono quelle che non hanno fatto niente per soddisfare il nuovo obbligo; chi è in corso d’opera e chi è pronto per ricevere fatture elettroniche. Il 17 marzo abbiamo pubblicato la lista delle amministrazioni che non hanno fatto niente. Non sono Comuni – presenti già tutti all’Ipa – ma strutture di vario titolo sul territorio, come gli ordini professionali. Le abbiamo scovate tramite liste Istat. Di molte non abbiamo nemmeno gli indirizzi per mandare solleciti, ecco perché abbiamo optato per la lista, così si faranno vive loro o saranno contattate da terzi.
I Comuni sono tutti all’Ipa e quindi possono ricevere fatture elettroniche. Ma solo una minoranza si è attrezzata per gestirle con un sistema informatico automatizzato.
Ciò che conta è che siano in grado di ricevere la fattura elettronica. Se non la integrano nei propri processi è un problema per loro- che dovranno gestire il tutto nel vecchio modo, con un aggravio di tempi. Affrontiamo un capitolo per volta. Dal primo aprile abbiamo avviato un monitoraggio sul territorio per sapere chi non ha ancora integrato la fattura elettronica nel back office e per capire come intervenire in questo progresso. Già stiamo sensibilizzando la platea grazie a un’attività di informazione, fatta con i Digital Champion, tramite webinar organizzati con Forum PA, con l’Anci e altri soggetti.
Nella pratica come si risolve il problema della non integrazione? Non è da poco, perché significa vanificare i vantaggi del digitale per quei Comuni e anzi forse provocare un lavoro di gestione superiore rispetto a prima.
Ci aspettiamo che tutte le società di software forniscano un aggiornamento dei programmi usati dai Comuni, per consentire l’integrazione. Abbiamo avuto rapporti con loro e fatto varie sollecitazioni. Alcune hanno realizzato gli aggiornamenti prima del 31 marzo.
E che si può fare per ridurre i costi di integrazione che i Comuni devono subire?
Abbiamo spinto le Regioni a offrire ai Comuni servizi cloud, gratuito o con rimborso spese, per ricevere le fatture. Questi servizi potrebbero progredire integrando anche tutto il sistema contabile. Così il Comune può fare tutto tramite la Regione, anche l’integrazione. Avviene già così nella Provincia di Trento. C’è però un doppio problema. Primo, sono solo poche le Regioni a farlo. Secondo – e più grave – spesso i Comuni si rifiutano di adottare il servizio della Regione, preferendo quello della propria software house.
Come si risolve questa impasse?
Proseguendo su questo modello. Lavorando sia con software house sia con le Regioni per un servizio tutto tondo; facendo sensibilizzazione sui Comuni.
Veniamo invece all’altra faccia della medaglia: i privati. Chi fa poche fatture alla PA denuncia che è anti-economico attrezzarsi per rispettare i termini della fattura elettronica e della relativa conservazione a norma.
C’è già il servizio di Unioncamere con cui le aziende iscritte alla Camera di Commercio possono fare fino a 24 fatture gratis. Abbiamo pensato poi anche ai professionisti. Abbiamo incoraggiato Assosoftware a sviluppare un servizio gratuito per invio e conservazione fino a 12 fatture, in accordo con il Consiglio nazionale dei commercialisti. Per geometri e ingegneri ce n’è uno analogo per Geoweb. Ora restano gli avvocati, ma ci stiamo arrivando.
Secondo alcuni, si potrebbe tagliare la testa al toro e abolire l’obbligo di conservazione delle fatture, almeno ai soggetti più piccoli.
La conservazione a norma è utile ai fini dei contenziosi. Non basta che la fattura sia conservata dalla Pubblica amministrazione, ma in generale è utile che i cittadini imparino a conservare i propri documenti in modo appropriato. Può servire per una crescita di quelle famose “competenze digitali”, su cui il Paese è in ritardo. La fattura elettronica, è stato detto più volte, è un volano anche per questo.