Il 25 marzo, lo Strategic Policy Forum on Digital Entrepreneurship, ha pubblicato il Rapporto voluto dalla Commissione Ue. John Higgins, Presidente del Forum e direttore generale di Digitaleurope lo ha presentato. Il sapore è agrodolce: viene infatti prospettato un futuro appetitoso se l’Europa (e qui viene l’agro) uscirà dalla sua arretratezza. Ma, poiché siamo in Italia e cioè nella coda della distribuzione dei paesi europei quanto a indicatori di digitalizzazione comunque presi, il retrogusto è decisamente amaro. Vediamo i temi principali in estrema sintesi: i benefici per l’Europa dalla trasformazione Digitale e l’arretratezza dell’Europa; un piano per la trasformazione digitale dell’Europa. Nel descrivere la situazione dell’Europa, il Rapporto sottolinea lo spreco di risorse europee su “centinaia di progetti per sostenere iniziative di digitalizzazione in Europa; ma poco apprendimento condiviso è derivato e poco valore dalle potenziali sinergie. Il sostegno che il movimento delle smart city avrebbe potuto produrre è rimasto infruttuoso” . E sottolinea anche la carenza di preparazione e professionalità, soprattutto nelle aree big data analyst e cybersecurity.
Sulle politiche e sulla regolazione europea il Rapporto loda l’intenzione della Commissione di completare il mercato unico digitale, ma prevede anche che ciò porterà a complicare il compito dei politici alle prese con “l’affrontare regolazioni e politiche esistenti i cui benefici sono sormontati dalle barriere che tali regolazioni creano alla trasformazione digitale”. Soffermandosi sulle tendenze in atto, dove emergono l’analisi dei big data, le app su mobile, i social media, il cloud computing e la cybersecurity, il Rapporto nota che queste nuove tecnologie sortiranno un duplice effetto sull’occupazione: da un lato distruggendo posti di lavoro per effetto della maggiore efficienza delle soluzioni che propongono, dall’altro creano nuovi posti, con un saldo che viene stimato in 2,6 nuovi posti per ogni vecchio posto di lavoro eliminato. Naturalmente le Pmi sono più esposte al rischio di diventare obsolete, e con loro, l’occupazione che offrono. Sono infatti le Pmi che, nel processo di adattamento digitale, rimangono indietro. Ma è sulla regolazione e sulle azioni prioritarie che il Rapporto offre i migliori spunti: rafforzare l’iniziativa di creare il mercato unico partendo dai 28 mercati nazionali; incoraggiare la creazione di una unica infrastruttura europea”.
Riassumendo. È bene che l’Europa non disperda risorse e non perda tempo dietro progetti e progettini, ma punti alla creazione dello spazio europeo digitale, che si basa su infrastrutture efficienti e sul mercato unico. Quanto potrebbe rendere questo sforzo? Assai di più di quanto rendano i programmi di ricerca e di innovazione o i complicati regolamenti, come quello sul Precommercial Procurement. Stime della Commissione valutano la creazione del mercato unico digitale in 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro e in una riduzione di costi del 15-20% per la pubblica amministrazione. Idc stima che se le prime 100 aziende manifatturiere potessero azzerare i loro impianti e ripartire da zero, risparmierebbero 160 miliardi di euro e che se la aziende manifatturiere applicassero sistemi avanzati per rimpiazzare la manutenzione preventiva con quella predittiva, ridurrebbero i fermi macchina del 50% e aumenterebbero la produzione del 20%. E questa era la ricetta per il dolce…