Sono state 209, ad un anno dalla sua entrata in vigore, le istanze di intervento per violazione del diritto d’autore online presentate all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni in forza del nuovo Regolamento sulla tutela del diritto d’autore online. Si tratta nella più parte dei casi di istanze a tutela di opere audiovisive (87 casi), fotografiche (49 casi) e musicali (33 casi).
Poco più di 200 istanze, che hanno dato vita a 134 procedimenti perché negli altri casi o sono state ritirate prima dell’avvio del procedimento o sono state archiviate “in via amministrativa” dagli stessi uffici dell’Authority che le hanno ritenute inammissibili o irricevibili o sono relative a procedimenti tuttora in corso. E in 70 dei 134 casi in cui l’Authority ha avviato il procedimento i destinatari della segnalazione hanno ritenuto di rimuovere autonomamente i contenuti oggetto di segnalazione senza, ovviamente, riconoscere alcunché in ordine alla illiceità della pubblicazione. L’elevata percentuale di ipotesi di “adeguamento spontaneo” è, forse, il dato più lusinghiero registrato ad un anno dall’entrata in vigore del Regolamento.
Gli altri dati, invece, fanno sorgere il sospetto che si sia fatto tanto rumore – forse troppo – per nulla e che la nuova disciplina sul diritto d’autore online non servisse sul serio. Sono state, infatti, appena 46 le ipotesi nelle quali l’Authority si è ritrovata ad esercitare i poteri che si è attribuita con le nuove regole, ordinando agli Isp di bloccare il traffico in partenza dall’Italia alla volta di siti esteri ritenuti rei di ospitare o pubblicare contenuti protetti da diritto d’autore in assenza delle autorizzazioni. Guai a negare, come ha ricordato il Presidente Agcom, Angelo Cardani, che i siti “bloccati” permettevano l’accesso, stando ai dati indicati nelle istanze dai segnalanti, a milioni di contenuti.
È però inevitabile chiedersi se la manciata di occasioni nelle quali l’Agcom, in un anno, si è ritrovata ad amministrare, giustifichi gli oltre tre anni di gestazione del Regolamento, i costi di gestione – in termini di uomini e mezzi – dei procedimenti e, soprattutto, la creazione di un binario alternativo a quello della giustizia ordinaria già amministrata, in materia, dalle sezioni specializzate di proprietà intellettuale. È valsa la pena creare un doppio binario, attribuendo ad un Autorità indipendente compiti e funzioni appannaggio esclusivo di Giudici e Tribunali?