Tutti gli operatori italiani stanno investendo per potenziare il
backhauling, per due motivi. Nell’immediato, per soddisfare il
boom di traffico dati che già adesso sta mettendo a dura prova la
capacità delle reti. E, in prospettiva, per preparare il terreno
all’Lte. Il backhauling è infatti il collegamento tra le antenne
(cioè le celle radio mobili) e il resto della rete
dell’operatore. L’Lte aumenterà la banda presente nelle celle,
ma affinché ne derivi una maggiore velocità in Internet deve
crescere in parallelo anche la banda nelle altre parti della
rete.
“Ad oggi sono due i colli di bottiglia nei network degli
operatori mobili: lo spettro nella cella e il backhauling”,
riassume Cristoforo Morandini, di Between-Osservatorio Banda Larga.
Lte crea più banda, a parità di spettro, e quindi allevia il
primo collo di bottiglia. Per il secondo serve investire in nuove
tecnologie di trasmissione dati. Il backhauling mobile è un
problema perché in Italia è costituito, nella maggior parte dei
casi, da vecchie connessioni su rame (E1) o da onde radio
tradizionali, a 16 o 32 Mbps per tratta. Al contrario, la maggior
parte delle Adsl italiane fa capo a una centrale collegata in fibra
ottica alla rete. Di qui la grande differenza di prestazioni reali.
Secondo uno studio di Between, su 110mila test delle connessioni,
la velocità media reale delle chiavette Hspa è ora appena 1,4
Mbps circa, contro i 4,1 Mbps delle Adsl.
La situazione della banda larga mobile rischia di peggiorare se gli
operatori non investono subito e in modo adeguato sul backhauling.
Il traffico su rete fissa raddoppia ogni 18 mesi, infatti, mentre
quello su rete mobile triplica ogni 12, in Europa, secondo un
recente studio di Cisco. “Al crescere degli utenti mobili,
bisognerà vedere come riusciranno gli operatori a garantire un
livello di servizio adeguato, visto che la qualità del servizio è
strettamente legata alle risorse tecniche disponibili nell’area
(frequenze e rete di trasporto)”, si legge nello studio di
Between.
Va detto però che gli operatori hanno già colto il problema e
stanno investendo, in Italia come nel resto del mondo, dove secondo
Infonetics il mercato del backhauling per siti radio mobili è
aumentato del 60%, a 5,9 miliardi di dollari. Telecom Italia conta
di avere, entro fine anno, 5.400 antenne con backhauling innovativo
(su 12.250), di cui mille con Adsl/Vdsl (a 160 o 400 Mbps, con
doppini affasciati), 2.700 in fibra e 1.700 con ponti radio gigabit
Ethernet fino a 500 Mbps. Nel 2012 passeranno rispettivamente a
3.700, 2.700 e 1.700. A fine 2009 invece il backhauling veloce era
solo su 100 antenne, in fibra; le altre erano in rame con
connessioni E1. Telecom ha sperimentato il backhauling su Vdsl a
Roma, Bologna e Palermo ed entro aprile lo lancerà in varie città
italiane. Anche gli altri operatori potranno farlo in Adsl/Vdsl,
utilizzando l’offerta all’ingrosso di Telecom.
Vodafone da qualche mese ha cominciato a installare micro onde
Ethernet a 155 Mbps. La fibra ottica l’ha già portata al nodo di
Milano e intende utilizzarla su ampia scala da aprile. Come spiega
Vodafone al Corriere delle Comunicazioni, prima dell’arrivo
dell’Lte la maggior parte della sua rete avrà fibra al nodo o
micro onde Ethernet. Il 100% delle antenne dotate di tecnologia
Hspa+ avrà uno o l’altro backhauling innovativo.
Stesso percorso negli altri Paesi evoluti, anche se “ce ne sono
alcuni, come la Germania, dove il backhauling mobile in fibra è
più comune. In Italia Telecom ha scelto di basarlo sul rame e gli
altri operatori su onde radio di vecchia generazione”, dice
Stefano Grillo, head of technology per Nokia Siemens. Per
Infonetics ora nel mondo i due terzi del backhauling avviene su
rame o su onde radio Pdh/Sdh, ma nel 2013 i due terzi saranno con
tecnologie Ethernet in rame, micro onde o fibra. A farla da padrone
sarà il mercato micro onde su Ethernet, il cui valore raddoppierà
ogni anno dal 2009 al 2013. Ericsson, Nec e Huawei, nell’ordine,
i principali fornitori di questo tipo di backhauling.