Nell’imminenza di una qualsiasi pubblicazioni comparativa sulla giustizia nell’U.E. sorge sempre il timore di vedersi collocati come fanalino di coda. Ma la recentissima comunicazione al Parlamento Europeo e al Consiglio fatta dalla Commissione Europea, su e-justice nei Paesi dell’ U.E., ci da fiducia.
Com’è noto il quadro di valutazione dell’U.E. della giustizia è uno strumento informativo volto ad aiutare l’Unione e i singoli Stati per una giustizia più efficiente. La comparazione è fatta sulla base di dati oggettivi volti a valutare l’efficienza e la risposta dei sistemi giudiziari a confronto nell’ambito U.E.
Attualmente la commissione usa come indicatori: la parità di genere nella magistratura; la partecipazione ai corsi di formazione da parte dei magistrati; la comunicazione istituzionale degli uffici giudiziari; l’annuncio di riforme nella giustizia; il numero dei nuovi procedimenti sopravvenuti rispetto a quelli definiti; il tempo occorrente, in giorni, per definire un giudizio in primo grado in materia civile, commerciale e amministrativa; i tempi per le controversie in materia di concorrenza, marchi, tutela dei consumatori e appalti pubblici.
In questa analisi la Commissione segna un’inaccettabile carenza sul raffronto comparativo dei costi dei procedimenti e sulla possibilità, per i meno abbienti, di usufruire del beneficio del patrocinio a spese dello Stato che, sempre più, per una larga fascia della popolazione europea, è diventata una “condizione” per l’accesso effettivo alla giurisdizione.
Anche per la TIC si deve segnalare una particolare delusione negli indicatori perché quest’ultimi sono centrati su aspetti secondari quali ad esempio l’accesso gratuito online alle sentenze civili e commerciali, di legittimità ma non dei Tribunali di primo grado laddove, invece, i sistemi di tecnologia dell’informazione e della comunicazione sono fondamentali per ridurre la durata dei procedimenti e facilitare l’accesso alla giustizia per il deposito telematico degli atti.
Gli indicatori certificano le lacune in molti degli Stati membri sia per quanto concerne gli strumenti TIC, disponibili per la gestione dei tribunali, sia per la comunicazione e le notifiche telematiche sia nella possibilità di trattazione telematica delle controversie di modesta entità e la mancanza di strumenti quali l’e-ID per la Giustizia. In quest’ultima azione Agid ha collocato sulla strada giusta lo sviluppo della Giustizia Digitale in Italia sia con la recenti linee guida sul documento elettronico che con i progetti di Spid e “Italia login”.
Resta, tuttavia, cruciale il nodo della formazione, infatti, solo il 20% dei giudici partecipa a percorsi di formazione continua e ciò a fronte dell’obiettivo che era stato posto di almeno il 50%., per i professionisti del diritto (magistrati ed avvocati) che si spera di raggiungere entro il 2020.
La Commissione così certifica un ritardo in Europa di ben dopo quattro anni dal varo del Progetto ideato e curato dall’Agenzia per la diffusione delle tecnologia per l’innovazione, ora Agid, che annovera oltre 90 tra Tribunali, Corti di Appello, Procure e oltre 30 Consigli degli Ordini Forensi per la formazione comune in materia di TIC per magistrati e avvocati e che già prevede il sistema dell’ECLI (l’identificatore europeo della giurisprudenza) e la traduzione delle sentenze nelle lingue di maggiore uso in Europa. Su questo eravamo primi e forse lo siamo ancora basta riprendere i progetti chiusi nei cassetti di Agid.