L’approvazione dell’acquisizione di DirecTv da parte di At&t potrebbe arrivare anche nel giro di poche settimane, ma secondo gli osservatori del mercato Usa il colosso telecom si mostrerà pronto a una serie di concessioni sul fronte della net neutrality pur di ottenere il sì dei regolatori federali e mitigare i timori che l’operazione possa creare un dominio di mercato tale da danneggiare i consumatori.
Tra le “condizioni” al via libera al deal, At&t potrebbe essere pronta anche ad accettare aspetti delle nuove regole sulla net neutrality adottate dalla Federal Communications Commission pochi mesi fa, secondo persone vicine ai negoziati che hanno parlato col Washington Post.
At&t si è finora apertamente schierata contro le nuove norme sulla net neutrality e si è opposta all’opzione che l’accettazione di tali norme diventasse condizione per il disco verde all’acquisizione da 49 miliardi di dollari di DirecTv. Quando annunciò il merger, At&t si disse pronta a sottomettersi solo alle vecchie versioni delle regole sulla net neutrality; tuttavia, nei negoziati in corso adesso con la Fcc, che deve approvare l’operazione, At&t potrebbe cedere e adeguarsi alla nuova versione della normativa.
Questo significherebbe fondamentalmente per At&t, scrive il Post, l’impegno a onorare il divieto posto dalla Fcc ai service provider di rallentare alcuni siti web o di bloccarne alcuni a favore di altri. At&t si impegnerebbe anche a non farsi pagare da siti web per rendere più veloce l’erogazione dei loro contenuti, secondo la cosiddetta “paid prioritization.”
Resta il fatto che At&t è parte di una coalizione di operatori dell’industria telecom che ha mosso causa contro le nuove regole sulla net neutrality. Ma se i regolatori approveranno l’acquisizione di DirecTv con l’impegno di At&t a seguire le norme sulla net neutrality, allora la telco sarebbe vincolata a quelle norme per tutta la durata dell’accordo con la Fcc indipendentemente dall’esito del procedimento in tribunale.
Gli analisti americani pensano che la Fcc potrebbe prendere la sua decisione finale sull’accordo At&t–DirecTv già a metà mese se i negoziati con l’azienda telecom andranno nella giusta direzione, ma il via libera non è scontato perché il merger ha altre questioni che i regolatori ritengono degne di attenzione.
La prima riguarda le tariffe di interconnessione: i critici del merger con DirecTv hanno chiesto che la Fcc imponga ad At&t di indirizzare i contenuti in entrata verso i consumatori senza farsi pagare dalle aziende dei contenuti (come Netflix) che mandano quel traffico. At&t sostiene invece che i suoi accordi, negoziati singolarmente con le varie aziende dei contenuti, funzionano perfettamente e si oppone a una soluzione “taglia unica” per l’interconnessione.
Altro punto controverso del deal è il proposito di At&t di offrire anche un abbonamento Internet-only ai consumatori che non vogliono un pacchetto completo con la Tv: non è chiaro a quale prezzo e velocità di connessione, ma soprattutto questa soluzione non piace alle aziende della pay-Tv che temono i clienti che migrano completamente verso il web.
Infine, la Fcc sta riflettendo sulla questione del zero-rating: At&t può o no esentare i dati di alcune aziende, per esempio musica e video, dal conteggio del piano dati mensile di un cliente mobile? Chi si oppone al merger con DirecTv dice di no, perché tutti i fornitori di contenuti sono uguali ma At&t sostiene che le esenzioni ai tetti dati aiutano i servizi online emergenti e sono un bene per i consumatori. La Fcc potrebbe però finire coll’imporre tra le condizioni all’operazione At&t–DirecTv che la telco limiti il suo uso del zero-rating.