“Altissima l’adesione dei lavoratori Ericsson allo sciopero indetto da Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e Ugl-Telecomunicazioni per la giornata di oggi, 8 giugno. Ben tre i presidi più corposi: a Milano davanti al consolato svedese, a Genova, Roma e Napoli di fronte alle sedi dell’azienda”. E’ quanto si legge in una nota della Slc-Cgil.
“Da molto tempo i sindacati chiedono un tavolo di confronto vero con l’azienda che continua invece a comunicare il numero dei lavoratori da licenziare. L’azienda deve smetterla con tale arroganza”, aggiunge la nota della segreteria nazionale di Slc Cgil.
“C’è possibilità di dialogo sulle ragioni che hanno portato allo sciopero, a cominciare dalle cause che stanno generando continui esuberi (e che vanno superate). Ma un vero rilancio dell’azienda e la tutela della professionalità dei lavoratori risiede anche nella messa al bando di pratiche quali offshoring, nearshoring, delocalizzazioni, consulenze. I lavoratori non vanno licenziati o rimpiazzati, ma formati e riconvertiti professionalmente – conclude la nota – le eventuali eccedenze siano gestite attraverso esodi incentivati e contratti di solidarietà. Se l’azienda non recede, saremo costretti ad alzare il livello della conflittualità”.
“In relazione allo sciopero indetto dalle Organizzazioni Sindacali – spiega uno statement di Ericsson inviato a CorCom – per protestare contro la riduzione di personale annunciata il 5 maggio u.s., Ericsson precisa che è tutt’ora in corso la fase di consultazione sindacale prevista dalla legge 223/1991 ed auspica che il tavolo di confronto possa proseguire per identificare le soluzioni più efficaci per mitigare l’impatto sociale del necessario riallineamento degli organici”.
“Questo intervento è fondamentale per consolidare la competitività sul mercato italiano nel lungo termine – prosegue la nota – L’Italia continua a rivestire per Ericsson un ruolo strategico quale centro propulsivo alla guida dell’innovazione, valore che ha da sempre contraddistinto il Gruppo. Ericsson ha grande fiducia nel mercato italiano dell’Ict e continua a rinnovare il proprio impegno nel Paese, dove opera dal 1918”.
Lo scorso 20 maggio la multinazionale svedese ha illustrato il piano dei tagli, motivati dalla trasformazione delle reti e i dei servizi che necessitano di una riorganizzazione.
“Ericsson ha recentemente annunciato una serie di misure per ridurre i costi e aumentare l’efficienza di tutte le Business Unit, Group Function e organizzazioni regionali – spiegava una nota della multinazionale svedese – Come parte di queste misure, l’azienda ha comunicato alle rappresentanze sindacali alcuni cambiamenti che riguardano l’Italia, tra cui la necessità di pianificare un percorso di riduzione del personale, comprendente la parte residua del piano annunciato e iniziato nel 2013″. L’azienda, che ha iniziato le consultazioni con le organizzazioni sindacali interessate, conferma la propria disponibilità ad intraprendere un percorso costruttivo e condiviso con esse.
“Questo intervento è fondamentale per consolidare la competitività sul mercato italiano nel lungo termine – concludeva la nota – L’Italia continua a rivestire per Ericsson un ruolo strategico quale centro propulsivo alla guida dell’innovazione, valore che ha da sempre contraddistinto il Gruppo. Ericsson ha grande fiducia nel mercato italiano dell’Ict e continua a rinnovare il proprio impegno nel Paese, dove opera dal 1918″.
I sindacati però avevano da subito espresso però “dubbi” sulla correttezza legale della procedura e dei criteri con i quali sono stati individuati i numeri, ma anche perplessità su aspetti “sostanziali”, ritenendo che “non esiste mancanza di lavoro” e “non esiste un problema pressante dei costi se ancora in questa fase vengono erogati notevoli bonus economici individuali”.
Per Slc, Fistel e Uilcom “in questa possibile fase di ripresa, nell’epoca in cui le imprese hanno acquisito normative di particolare riguardo, non è pensabile che la grande multinazionale svedese non voglia contribuire ad una fase di possibile nuova crescita e proceda con 166 licenziamenti, soprattutto quando la stessa azienda dichiara di non essere in crisi”.
E le soluzioni non traumatiche non mancherebbero. “Un ulteriore utilizzo dei contratti di solidarietà e l’apertura di una nuova mobilità volontaria, associati a un serio programma di reinternalizzazione di attività, creerebbe le condizioni per avviare un profondo programma di riprofessionalizzazione che porterebbe al superamento di questa fase – spiegano i sindacati – Evidentemente – è scritto nella nota sindacale – l’azienda, della quale bisogna a oggi registrare un atteggiamento di intransigente chiusura, pensa sia più semplice scegliere la strada dei licenziamenti anziché accettare la sfida della reinternalizzazione di attività oggi allocate fuori dal perimetro aziendale e, troppo spesso, dai confini nazionali”.