Lavoratori di Ericsson ancora in sciopero. Dopo la mobilitazione indetta l’8 giugno 2015 Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl-Telecomunicazioni hanno proclamato per venerdì 26 giugno2015 lo sciopero a livello nazionale per l’intero turno di lavoro di tutto il personale di Ericsson Telecomunicazioni S.p.A e lo sciopero delle prestazioni straordinarie e supplementari dal 26 giugno al 24 luglio 2015. A Roma il 26 giugno si terrà la manifestazione nazionale di fronte l’ambasciata svedese a partire dalle ore 10 in piazza Rio De Janeiro (vicino all’incrocio tra via Nomentana e viale Regina Margherita).
“Ogni tentativo è stato fatto con l’azienda, anche presso uno specifico tavolo al Ministero del Lavoro, per chiudere positivamente la vertenza, senza che l’azienda abbia dato minimamente segnali di apertura – spiega una nota – Pertanto il secondo sciopero in 20 giorni ha il fine di individuare le cause che stanno generando da molti anni continue mobilità ed eliminarle senza che l’azienda si trinceri dietro i luoghi comuni del mercato e della concorrenza; è necessario individuare azioni di contrasto dell’offshoring, nearshoring, delocalizzazioni”.
Secondo Slc, Fistel e Uilcom Ericsson “dovrebbe iniziare a riportare in azienda varie professionalità, predisponendo anche piani di riconversione professionale e ricollocazione all’interno dell’azienda. Le eventuali eccedenze siano gestite attraverso esodi incentivati e contratti di solidarietà”.
Lo scorso 20 maggio la multinazionale svedese ha illustrato il piano dei tagli, motivati dalla trasformazione delle reti e i dei servizi che necessitano di una riorganizzazione.
“Ericsson ha recentemente annunciato una serie di misure per ridurre i costi e aumentare l’efficienza di tutte le Business Unit, Group Function e organizzazioni regionali – spiegava una nota della multinazionale svedese – Come parte di queste misure, l’azienda ha comunicato alle rappresentanze sindacali alcuni cambiamenti che riguardano l’Italia, tra cui la necessità di pianificare un percorso di riduzione del personale, comprendente la parte residua del piano annunciato e iniziato nel 2013″. L’azienda, che ha iniziato le consultazioni con le organizzazioni sindacali interessate, conferma la propria disponibilità ad intraprendere un percorso costruttivo e condiviso con esse.
“Questo intervento è fondamentale per consolidare la competitività sul mercato italiano nel lungo termine – concludeva la nota – L’Italia continua a rivestire per Ericsson un ruolo strategico quale centro propulsivo alla guida dell’innovazione, valore che ha da sempre contraddistinto il Gruppo. Ericsson ha grande fiducia nel mercato italiano dell’Ict e continua a rinnovare il proprio impegno nel Paese, dove opera dal 1918″.
I sindacati però avevano da subito espresso però “dubbi” sulla correttezza legale della procedura e dei criteri con i quali sono stati individuati i numeri, ma anche perplessità su aspetti “sostanziali”, ritenendo che “non esiste mancanza di lavoro” e “non esiste un problema pressante dei costi se ancora in questa fase vengono erogati notevoli bonus economici individuali”.
Per Slc, Fistel e Uilcom “in questa possibile fase di ripresa, nell’epoca in cui le imprese hanno acquisito normative di particolare riguardo, non è pensabile che la grande multinazionale svedese non voglia contribuire ad una fase di possibile nuova crescita e proceda con 166 licenziamenti, soprattutto quando la stessa azienda dichiara di non essere in crisi”.
E le soluzioni non traumatiche non mancherebbero. “Un ulteriore utilizzo dei contratti di solidarietà e l’apertura di una nuova mobilità volontaria, associati a un serio programma di reinternalizzazione di attività, creerebbe le condizioni per avviare un profondo programma di riprofessionalizzazione che porterebbe al superamento di questa fase – spiegano i sindacati – Evidentemente – è scritto nella nota sindacale – l’azienda, della quale bisogna a oggi registrare un atteggiamento di intransigente chiusura, pensa sia più semplice scegliere la strada dei licenziamenti anziché accettare la sfida della reinternalizzazione di attività oggi allocate fuori dal perimetro aziendale e, troppo spesso, dai confini nazionali”.