IL CASO

La guerra della Francia contro Uberpop, dirigenti rinviati a giudizio

Fissato per il 30 settembre il processo al direttore generale per la Francia e al direttore per l’Europa occidentale dell’applicazione, fermati ieri. L’accusa è di “concorrenza sleale”

Pubblicato il 30 Giu 2015

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Sono stati rinviati a giudizio i due dirigenti di Uber France arrestati e interrogati ieri a Parigi. Il processo per Thibaud Simphai, direttore generale per la Francia, e Pierre-Dimitri Gore-Coty, direttore per l’Europa occidentale, è stato fissato per il 30 settembre. I due hanno risposto alle domande degli investigatori su “Uberpop“, l’app che consente a privati di mettersi a disposizione con la propria automobile come conducenti di taxi. L’accusa è quella di “lavoro dissimulato”: gli improvvisati conducenti, infatti, si fanno pagare ma non versano tasse su quanto guadagnato, e questo ha scatenato l’ira dei tassisti tradizionali, che li accusano di “concorrenza sleale”. La scorsa settimana si erano registrati in Francia blocchi e violenze contro i conducenti di Uber, con aggressioni e auto date alle fiamme.

L’inchiesta nei confronti di Uberpop era stata aperta nel novembre 2014, ma nell’ultimo periodo a prendere posizione contro l’applicazione californiana è stato anche il governo di Parigi manifestando l’intenzione di rendere illegale il servizio. Anche il presidente Francois Hollande ha preso la parola per dichiarare che UberPop deve “essere sciolta” e che le sue auto devono essere sequestrate, dal momento che l’organizzazione “non rispetta nessuna regola” in materia sociale o fiscale, un fatto “inaccettabile” – ha aggiunto – “intollerabile”.

UberPop parla di 400.000 utenti fedeli in Francia dove i tassisti sono pochi, ma molto potenti e gelosi del loro monopolio. L’organizzazione ammette che i conducenti privati non pagano né oneri sociali né tasse. E non hanno nemmeno seguito le 250 ore obbligatorie di formazione per guidare i mezzi pubblici. In base a una legge votata nel 2014, i conducenti non registrati ufficialmente rischiano fino a un anno di carcere e 15mila euro di ammenda, con sospensione della patente e sequestro del veicolo. I rappresentanti dell’app hanno intanto depositato una serie di ricorsi contro la Francia presso la Commissione europea per ottenere l’annullamento di tali regole.

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