Cuba si apre alla new economy. Con la fine dell’embargo Usa decisa dall’amministrazione Obama, il 2 luglio il governo ha inaugurato il primo spazio pubblico con accesso wi-fi, in una delle strade principali della capitale. L’Etecsa, la società monopolista statale delle comunicazioni, ha promesso a metà giugno che avrebbe aperto 35 hotspot su tutta l’isola. Entro la fine di questo mese la promessa dovrebbe essere mantenuta. Per usare il servizio bisogna registrarsi con un proprio account e pagare 2 dollari l’ora, la metà di quanto costava prima, ma una cifra ancora proibitiva per la maggior parte dei cubani, se si considera che il salario medio nel paese è di 20 dollari al mese. Eppure decine di cubanisi sono precipitati negli hot spot per usufruire del nuovo servizio.
Cuba sperimenta anche la sharing economy. AirBnB, la community marketplace che mette in contatto persone che cercano un alloggio con chi ha a disposizione uno spazio, è sbarcata a Cuba ad aprile. In un mese, nonostante le difficoltà ad affermarsi in un sistema chiuso e controllato dal governo, l’isola è diventata uno dei mercati che crescono più rapidamente, ha raccontato a Bloomberg il co-fondatore di AirBnB, Brian Chesky. “Il numero di guest homes a Cuba è più che duplicato fino ad arrivare a oltre 2000”. Prima di AirBnB, a febbraio, era stata Netflix, altro colosso dell’imprenditoria online made in Usa, a rompere il muro dell’embargo e ad offrire i suoi servizi ai cittadini dell’isola.