NUOVE PROFESSIONI

I videomaker per il web: “Siamo su un treno in corsa”

Per chi si occupa di filmati per Internet si apre una stagione professionale senza precedenti, fatta di chance e concorrenza. “Mercato molto competitivo: serve fare più mestieri insieme”

Pubblicato il 10 Lug 2015

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Nell’ultimo anno 37 milioni di italiani, secondo Yahoo Advertising, hanno guardato filmati in Rete e il 73% degli utenti Web ne hanno preso visione almeno una volta al giorno. Il consumo di video online è in costante crescita e così la sua produzione, a livello amatoriale e professionale. Gli utenti attivi che pubblicano video su YouTube o Vimeo aumentano mese su mese e in tempi brevissimi è atteso lo sbarco di Netflix in Italia. Per i videomaker e più in generale chi si occupa di registrazione, montaggio e produzione video per il Web, si apre una stagione professionale senza precedenti, fatta di opportunità, ma anche nuova concorrenza.

Il successo planetario di “House of Cards“, pensato in primis proprio per il Web, e altre serie celebri, non ha soltanto incuriosito, ma ingolosito numerosi attori del mercato. Le produzioni dal basso hanno spazio libero per tentare il successo di pubblico, anche perché i costi di produzione e le apparecchiature sembrano avere raggiunto livelli accettabili anche per chi ha budget risicati. In questa rivoluzione del mercato del lavoro, la platea dei professionisti non è rimasta a guardare, ma si è ritagliata spazi precisi d’azione.

Le principali famiglie di videomaker sono oggi quattro: gli esperti di video-informazione, gli operatori che eseguono registrazioni di eventi e contenuti per la comunicazione d’impresa, i creativi che operano nell’advertising e per i social media e quelli più spinti verso il lato artistico e filmico. “In tutti i casi – racconta Marino Paoloni dell’agenzia Agr Press – servono solide basi tecniche nell’ambito della fotografia, della registrazione e del montaggio audio e video. I primi passi sono quasi sempre da autodidatta ed è sempre più facile iniziare, anche per una forte diffusione di macchine fotografiche ibride, a costi contenuti, adatte alla ripresa. Per produzioni professionali, tuttavia, bisogna avere strumenti avanzati e molta esperienza sul campo”.

Sulla stessa linea è anche Sha Ribeira che dalla fotografia è passato nel 2012 a occuparsi anche di videoproduzioni. “Il Web è un’arma a doppio taglio: moltiplica le occasioni, ma rischia di abbassare la qualità dei prodotti. Saper girare bene, in maniera pulita, e montare un video restano le competenze chiave di questo lavoro. Spesso i committenti non si rendono conto di quanto lavoro ci sia dietro le quinte e si presentano con budget limitati e richieste altissime, senza rendersi conto che andare sul Web non significa anche scarsa qualità o bassi costi di produzione”. La specializzazione dei videomaker è una scelta obbligata oramai per operare correttamente sul mercato e tra i segmenti più vivaci c’è sicuramente quello dell’advertising e dei piccoli team di lavoro, costituiti da giovanissimi o professionisti fuoriusciti dalle grandi agenzie. “La nostra scelta è stata, anni fa, di creare una struttura agile e snella, per garantire qualità e velocità di produzione con budget limitati”, racconta Valentina Mantica, cofounder di Uramaki, Web Video Factory milanese nata nel 2011. “Il mercato è molto competitivo, per essere efficaci come videomaker per il Web dobbiamo svolgere più mestieri insieme, specializzandoci in discipline complementari: oltre alla capacità di gestire il processo creativo e tecnico bisogna saper scrivere buoni storyboard, parlare la lingua del marketing e definire strategie social e di comunicazione”.

Il successo dei video virali si basa, infatti, sempre più sul lavoro di squadra tra videomaker e social media manager o digital pr che completano la fase di lancio e promozione. Contenuti e strategia vanno definiti insieme, ex ante, perché un video abbia fortuna. Questo vale anche per le opere autoriali, sostiene Renato Giugliano, che insieme ad altri due filmaker ha recentemente prodotto “Status”, fortunata serie Web finanziata con 60mila euro dal Milan Film Festival. “In passato ho lavorato con Ermanno Olmi, ma ora sono approdato al Web. È un altro pianeta, nuovo, un treno in corsa, il mondo più democratico che esista per chi produce contenuti, perché mette subito a contatto col pubblico, anche autori giovani e chi produce virali. Richiede velocità e una forte conoscenza delle dinamiche online”. La distribuzione con Internet è passata dai distributori classici al tam tam su Rete, alimentata da strategie social. “Questa attività è alla portata di tutti, ma difficile da rendere redditizia. Servono competenze ampie e buoni team di lavoro. Il mercato è competitivo, ma siamo i pionieri e sono ottimista. I budget americani sono lontani, ma lavoro ce n’è e con l’arrivo di Netflix crescerà certamente la domanda di contenuti”. La competenza più difficile, nuova, da sviluppare, è la capacità di creare engagement. “Con il Web bisogna alimentare la curiosità e l’attesa e devi continuamente soddisfarle. Non ci si può permettere tempi lunghi: è come un cinema sempre aperto”.

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