Un nuovo studio realizzato da Frost & Sullivan sembra suggerire che
regole a favore della net neutrality, come quelle ipotizzate dalla
Federal communications commission, non aiuterebbero affatto la
causa del broadband universale, anzi sarebbero un ostacolo alla
realizzazione delle infrastrutture e all’adozione da parte dei
consumatori.
Secondo il professor Mike Jude, Program manager di Frost &
Sullivan, regole specifiche per la neutralità della rete
aumenterebbero l’incertezza e i rischi connessi con le attività
di espansione delle infrastrutture per la banda larga, scoraggiando
gli investimenti da parte degli operatori. Se si investe in un
ambiente costretto dalle norme sulla net neutrality, argomentano
alla Frost & Sullivan, i costi “finiscono col ricadere sul
consumatore”, perché le opportunità per gli operatori della
rete di generare revenue dai servizi sono limitate.
“Val la pena notare che il modello tracciato dal professor Jude
prevede che, messi alle strette da nuove regole a favore della net
neutrality, gli operatori della rete cercherebbero probabilmente di
imporre tariffe d’accesso a supporto della creazione e gestione
dei loro network”, commenta David Sutphen, co-presidente della
Internet innovation alliance (Iia), una coalizione che promuove
negli Stati Uniti l’accesso universale alla banda larga. “In un
momento in cui il governo dovrebbe promuovere l’adozione della
banda larga, è controproducente perseguire politiche che
potrebbero ostacolare il raggiungimento di questo importante
obiettivo e esacerbare il digital divide”.
“Quella di Frost & Sullivan è solo l’ultima di una serie di
analisi che suggerisce che troppe regole su Internet finirebbero
col rappresentare un deterrente agli investimenti nella banda
larga, all’adozione da parte dei consumatori e alla ripresa
economica”, rinforza l’altro co-presidente della Iia, Bruce
Mehlman. “Non ci sono rischi che Internet non sia più libero e
aperto e quindi non c’è bisogno di imporre nuove regole e
limiti”.
Lo studio di Frost & Sullivan, intitolato “Net neutrality: impact
on carrier investment and economic growth”, sostiene che “la
neutralità della rete potrebbe comportare una sovrattassa dai 10
ai 55 dollari al mese in aggiunta alla tariffa media di 30 dollari
per l’accesso alla banda larga”. Secondo Jude: “Quale
consumatore vorrebbe sobbarcarsi di tale costo? Ironicamente, le
regole sulla net neutrality avrebbero l’effetto di ridurre la
penetrazione del broadband”.
Quanto alle ricadute sull’intera economia, nello scenario più
ottimistico, con impatto normativo ridotto al minimo, la net
neutrality costerebbe comunque agli Stati Uniti 7 miliardi di
dollari entro il 2011, e manderebbe in fumo 70.000 posti di
lavoro.
Conclude Mehlman: “Lo studio di Frost & Sullivan dovrebbe mettere
in allerta il team, per il resto eccellente, della Federal
communications commission che lavora sulle questioni legate al
broadband. Anziché farsi distrarre da nuove regole che sono
rischiose per l’economia, la commissione dovrebbe accelerare
sugli altri aspetti del suo piano per il broadband nazionale che
sicuramente ne favorirebbero la realizzazione e l’adozione”.