Così come il settore del fashion comincia a puntare i riflettori sulla tecnologia per affermare collezioni e griffe sui canali di vendita e di comunicazione digitali, allo stesso modo i grandi dell’Ict guardano con sempre maggiore interesse al mondo della moda per espandersi su territori che fino a pochi anni fa sembravano destinati a rimanere inesplorati. Ora che la liason tra stilisti e informatici si sta spingendo ben oltre i primi timidi approcci, in questa relazione il ruolo dell’hi-tech verte principalmente su tre fronti.
Il primo, e più tradizionale, ha a che fare con la creazione delle infrastrutture di collegamento tra magazzino e interfaccia utente (soprattutto in chiave mobile), la gestione dei sistemi di autenticazione, oltre che di pagamento, e tutte le attività di back office. Yoox, Zalando, Luisa Via Roma sono solo alcuni dei nomi che vengono in mente quando si pensa alle boutique multimarca online, ma anche brand come Armani, Timberland, Ray Ban, Liu Jo e molti altri stanno implementando i propri store online mercato per mercato.
L’obiettivo? Creare un catalogo virtualmente infinito, rispetto al quale l’espressione “out of stock” non esiste più, con un’offerta senza soluzione di continuità tra negozi fisici e digitali. E più di ogni altra cosa globale. “Evitare la scelta di comodo di guardare al mercato domestico è il vero elemento differenziante, e premiante, dell’e-commerce nel fashion”, assicura Paolo Mascio, Strategic Marketing Director in Season di Yoox. “Oggi esportiamo l’80% di ciò che vendiamo, adattando la logistica alle esigenze del cliente ovunque si trovi”.
Il gioco vale la candela, se si considera quanto vale il business: “Noi fatturiamo due miliardi di euro, una cifra notevole ma ancora esigua rispetto a un giro d’affari potenziale da 400 miliardi”, spiega Giuseppe Tamola, Country Manager di Zalando per l’Italia. Un mercato, quello dello shopping online, a cui sono sempre più interessati, come detto, anche i produttori.
“L’e-commerce ormai è una realtà importantissima per Liu Jo”, dice Cristiano Sturniolo, Global Marketing & Communication Director della griffe di Carpi. “Abbiamo costruito un team molto qualificato, ingaggiando risorse presso specialisti del settore: adesso gestiamo internamente tutta la filiera e puntiamo all’omnicanalità, con la realizzazione di un tavolo crossfunzionale tra diverse divisioni aziendali, dall’IT al marketing passando per l’online store e i negozi fisici”.
Ma le nuove tecnologie stanno anche abilitando una nuova catena del valore, quella che attraverso la raccolta e l’analisi dei dati permette ai player non solo di ingaggiare potenziali clienti, a prescindere da dove si trovino e da cosa stiano facendo, ma anche di indirizzare la produzione e lo stile che caratterizzano le collezioni. Possono sorgere così campagne di marketing istantanee, ma addirittura modelli di business che si rivelano ancora più focalizzati e rapidi di quelli delle insegne del fast fashion e del low cost, che nei primi anni Duemila hanno messo in subbuglio il mercato di fascia media.
Per capire quanto è seria la faccenda, basti pensare all’alleanza tra Ibm e Twitter per sfruttare le informazioni estratte dalle conversazioni dedicate alla moda sulla piattaforma social, proponendo ai brand strumenti analitici che li supportino nella costruzione di proposizioni ad hoc, in tempo reale in occasione di eventi o situazioni specifiche.
“La contestualizzazione è alla base del real time marketing”, conferma Salvatore Ippolito, numero uno di Twitter Italia. “Attraverso la lettura della numerosità dei tweet su temi correlati a un marchio, possiamo analizzare quanto se ne parla, e quando, ovvero in quale fascia della giornata, intercettando le relazioni e le conversazioni migliori per promuoversi nel momento più opportuno”. Un brand può per esempio pianificare la propria presenza su display interattivi per strada o nei negozi in occasione di una fashion week o di una singola sfilata, attingendo in tempo reale, grazie agli analytics di Ibm, alle conversazioni dei follower dell’evento e modificare la comunicazione di prodotto assecondando i topic che emergono. “O addirittura, nel momento in cui dovessero cambiare le condizioni meteorologiche, suggerendo capi d’abbigliamento più adatti al sole piuttosto che alla pioggia, massimizzando in questo modo l’impulso all’acquisto”. Troppo bello per essere vero?