Con una recente sentenza il Tribunale di Roma si è espresso sull’utilizzo abusivo di fotografie scaricate da Facebook. Il Tribunale ha condannato il quotidiano “Il Messaggero” e un suo giornalista al risarcimento per aver pubblicato abusivamente delle opere fotografiche – documentanti alcuni eventi svoltisi nei locali notturni della Capitale – indebitamente prelevate dalla pagina Facebook di un utente, senza la sua esplicita e documentabile autorizzazione, pagina impostata dall’utente nella modalità “pubblica” e quindi liberamente e indistintamente accessibile a tutti gli utenti profilati. La sentenza ha condannato sia il giornalista per l’indebita assunzione di paternità delle foto, sia il direttore del quotidiano per la mancata verifica sulla possibilità di incorrere in reato.
Secondo quanto disposto dalla legislazione in materia di diritto d’autore, l’autore di un’opera fotografica ha il diritto morale di chiedere la protezione del lavoro prodotto e di rivendicarne la paternità intellettuale in caso di controversia; ha anche il diritto esclusivo di pubblicare l’opera o di cederla a terzi, ottenendo un compenso se l’utilizzo che ne consegue sottende un fine economico. Per far sì che la titolarità dell’opera possa essere appurata, la legge prevede che sulla foto venga riportato il nome del fotografo, la data di produzione o l’inserimento di digital watermarks.
Nel caso oggetto della sentenza, sulle foto non erano riportati questi dati e l’attribuzione all’autore è stata possibile solo per mezzo delle dichiarazioni dello stesso e di testimoni attendibili.
Dalla sentenza si evince che pubblicare immagini sul social non implica automaticamente la concessione a Facebook dei diritti di sfruttamento commerciale, al contrario di quanto sostenevano la parte convenuta e il terzo chiamato in causa.
Nnella “Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità” di Facebook, al paragrafo 2, rubricato “Condivisione dei contenuti e delle informazioni”, è spiegato che l’utente è il proprietario di tutti i contenuti e le informazioni pubblicate su Facebook e ha la possibilità di controllare le modalità di condivisione mediante le impostazioni sulla privacy. Inoltre, si legge che sui contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale – ad esempio foto e video, che il social network suole chiamare “Contenuti IP” – l’utente concede a Facebook una licenza non esclusiva (Licenza IP), trasferibile, valida in tutto il mondo, per l’utilizzo di qualsiasi Contenuto IP pubblicato sul social, licenza che termina nel momento in cui l’utente decide di cancellare il proprio account o i contenuti stessi, a meno che tali contenuti non siano stati condivisi con terzi e che questi li abbiano conservati. Il prelievo e l’utilizzo dei Contenuti IP, seppur condivisi sul social tramite modalità “Pubblica”, non sono concessi senza il preventivo consenso del titolare dei diritti e senza corrispondergli un compenso. Qualora il file fosse stato scaricato da una pagina web non riconducibile all’autore, la riproduzione di tali immagini fotografiche non sarebbe stata considerata abusiva, mentre, nel caso in questione, la foto era pubblicata su una pagina web chiaramente riconducibile al titolare dei diritti. Resta lecito domandarsi se una legge così vetusta come quella sul diritto d’autore, risalente al 1941, sia in grado di rispecchiare il cambiamento introdotto dalla diffusione delle tecnologie dell’informazione, da cui derivano nuove abitudini sociali e modalità diverse di produzione e di circolazione dei contenuti.