Il cambiamento del paradigma comunicativo della TV è inscritto nel più generale cambiamento di paradigma comunicativo indotto da internet tipicamente rappresentato dalla estensione della modalità interattiva a tutte le forme della comunicazione elettronica. La modalità interattiva è da sempre stata quella elettiva per le comunicazioni inter-personali (fisse e mobili), mentre quella broadcasting lo è da sempre stata per la diffusione dei contenuti.
Il nuovo paradigma TV ha così generato un vero e proprio nuovo comportamento del consumatore. E’ abbondantemente certificato come presso il popolo del web (o, se si vuole, il popolo delle app’s), si sta estendendo a macchia d’olio la modalità fruitiva mediatico-televisiva basata sulla collaudata e definitivamente acquisita esperienza interattiva appresa con l’uso della rete.
La traduzione televisiva del nuovo paradigma impone che, per comprendere il nuovo comportamento dell’utente, non ci si può più riferire al verbo scegliere (es da un bouquet di canali proposti dai broadcaster via etere) ma al verbo ricercare: non solo tra gli infiniti cataloghi dei vecchi e dei nuovi entranti (es Netflix), ma addirittura dall’universale mondo del web, da YouTube a tutto il resto. Varie agenzie registrano quantitativamente i dati relativi al cambiamento dei fruitori televisivi a fronte del nuovo paradigma (dimensioni del curdcutting, superamento dei contatti streaming rispetto all’etere).
Come rispondere alle potenzialità disponibili con questa vera e propria la 4° piattaforma televisiva la quale, ben lungi dal proporre un “semplice servizio”, pone l’utente di fronte ad una nuova esperienza esistenziale? Infatti, superando il concetto del playout, il video si presenta sempre più in continuità nella vita di tutti i giorni e la cui presenza, scandita dall’essere sempre connessi, consentirà, dopo l’Epg, di pervenire al Ppg (Personal Programme Guide), cioè a palinsesti auto-personalizzati, gestiti magari con unico device di comando/ comunicazione mobile.
Tutti i player, pur di diversa natura e provenienza, si trovano a disputare nell’arena dei nuovi modelli del consumo televisivo che implicano creazione, gestione e distribuzione di contenuti di intrattenimento mediatico in un mondo in cui gli stessi contenuti si trovano ovunque.
Ma questa éra sarà veramente la “nuova età dell’oro”? VoD e SVoD, tra tutto l’armamentario del nuovo paradigma, sono certamente gli strumenti ADV che più di altri garantiscono alle emittenti un più sicuro rapporto con i propri spettatori-utenti e gli inserzionisti, dati i più mirati modi di interazione diretta con gli spettatori, optano sempre più spesso per i canali IPTV.
E i cosiddetti “senza storia nel broadcasting”, gli entranti player, che però dispongono di grande esperienza in internet, sapranno cogliere l’occasione a fronte dei tempi lunghi che sembrano invece caratterizzare le azioni e le iniziative degli operatori tradizionali? Ma il mercato, a fronte di una situazione in cui è consolidata l’idea di free internet, come risponderà in termini di prezzi per poter disporre di contenuti a pagamento? E poi, gli OTT rappresentano una espansione del mercato o solo si allocano in un perimetro ben definito e stabile? Pur in un mondo in cui si consumano i video in maniera assai differenziata? Rappresentano davvero il futuro del broadcasting? quando tutti sembrano ad inseguire il modello Netflix? Addirittura anche sulla produzione di specifici contenuti per il consumo onLine (es web series oriented) gestito da molteplici piattaforme.
Per il tema del rapporto tra contenuti e TLC basta ricordare la decisione di BT che, con BT Sport, ha predisposto acquisti dei diritti calcio entrando direttamente nel campo di battaglia per contendere ai broadcaster l’acquisto di tali diritti. Naturalmente il tutto offerto assieme ai pacchetti “connessione” e arrivare al quadruple paly (vedi da noi i vari accordi tra TIMvision e content provider nazionali e non). Ma anche il caso Pichai, entro la ristrutturazione della galassia Google, dimostra come l’industria della comunicazione assume quella mobile come “prima strategia” anche più importante di quella digitale. Dove nientemeno si considera quello mobile diventato il primo schermo.
Che il tema infrastrutturale della Banda Larga nel nostro paese si sarebbe affrontato solo quando Mediaset avrebbe optato o fosse stata pronta per la broadband TV nessuno ha mai avuto dubbi. Più in generale sul tema delle infrastrutture e aspetti tecnologici per la TV su IP si sa che la presenza di SDI è ancora cospicua, ma la prognosi sul suo destino è altrettanto chiara : l’inevitabile direzione di UHD verso IP risulta fondamentale driver tecnico. Superando le argomentazioni prevalentemente tecniche come fino ad ora si è fatto su IP per approdare sui terreni delle questioni economiche e di business in generale connesse con le infrastrutture di grande capacità.
Compresa la questione connessa ai codec per i particolari aspetti della compressione del segnale dove non vi è ancora certezza sul modo in cui le attuali tecniche di compressione, nell’ambito della distribuzione multipiattaforma se gli attuali standard di compressione sembrano non essere sufficienti.
Il confronto reale sarà comunque tra chi saprà meglio coniugare produzioni di qualità con le modalità del nuovo paradigma comunicativo e riguarderà i broadcaster contro OTT ma soprattutto i primi contro i Social Network. Basti vedere le assai più veloci linee di azione che i player USA come Facebook e Twitter dimostrano di avere nel campo per loro imponenti programmi produttivi e anche di accordi (es Twitter con NFL). Mentre assolutamente superato sembra quello tra broadcaster e Telco, dove anzi si affermano grandi alleanze…al punto che sembra rinascere invece …il confronto tra le grandi Telco. (da noi, ad esempio, la risposta di Vodafone alle iniziative di Telecom Italia è stata quello di produrre ….una propria TV).