IL DEBUTTO

Apple Tv, tutto rimandato al 2016

Il servizio avrebbe dovuto debuttare a settembre, ma Cupertino è in ritardo sugli accordi con i produttori di contenuti per le licenze. Allo studio anche la messa a punto di una piattaforma capace di sostenere lo streaming

Pubblicato il 14 Ago 2015

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Bisognerà aspettare il 2016 per vedere all’opera il servizio di live TV in streaming di Apple. Se Cupertino fino a non troppo tempo fa sembrava fiduciosa all’idea di annunciarne il roll out commerciale a settembre, ora fonti vicino all’azienda guidata da Tim Cook hanno fatto trapelare che ci potrebbe essere un sensibile ritardo. Il motivo principale? I negoziati sulle licenze che Apple dovrebbe acquisire dai network americani (da CBS a 21st Century Fox passando per NBC) stanno andando per le lunghe. Ma non c’è solo questo: per il tipo di servizio che hanno in mente i tecnici della Mela morsicata occorre anche una capacità di sfruttamento delle risorse di rete non indifferente e che, evidentemente, deve ancora essere messa a punto.

La prima questione va fatta risalire alle politiche estremamente aggressive con cui Apple ha sempre approcciato il mercato dei contenuti. Se con iTunes era riuscita a convincere le case discografiche a mettere a disposizione degli utenti tracce musicali a partire da 99 centesimi, per quanto riguarda le produzioni TV Cupertino avrebbe intenzione di proporre abbonamenti a 40 dollari al mese, ovvero la metà di quanto costa in media una sottoscrizione ai servizi via cavo tradizionali. D’altra parte, i produttori di contenuti, che pure non vedono l’ora di bilanciare le perdite dovute alla contrazione del bacino di clienti delle pay-TV, vogliono essere pagati di più. Anzi, sanno di poter essere pagati di più. Sanno che Apple ha miliardi di motivi per farsi strada tra concorrenti consolidati come gli operatori via cavo e satellitari. Secondo Daniel Ives, analista di FBR Capital Markets, un servizio di broadcasting può fruttare dai 2 ai 3 miliardi di dollari di ricavi entro il 2018. Può sembrare poco rispetto ai 233 miliardi fatturati nell’ultimo esercizio da Apple, ma dal punto di vista strategico la creazione di una piattaforma di intrattenimento globale è fondamentale per lo sviluppo futuro di tutte le attività di Cupertino, e rappresenta il paracadute ideale rispetto al raggiungimento della maturità di mercato dell’offerta hardware, a partire dall’iPhone.

Come detto, però, alla base del ritardo ci sarebbe anche un questione squisitamente infrastrutturale: garantire il servizio di broadcasting migliore possibile (ovvero senza ritardi sulle immagini e mantenendo un’elevata qualità del segnale) su protocollo IP significa sfruttare la rete in maniera dinamica ed efficace. Non avrebbe senso, in altre parole, trasmettere live in tutti gli Stati Uniti una partita di baseball dei New York Yankees passando dai server Apple dislocati in California, Nevada, North Carolina e Oregon. Un utente di New York City dovrebbe poter vedere il match senza che alle spalle del servizio ci sia una triangolazione del segnale tanto complessa.

A questo dovrebbe, almeno in parte, porre rimedio la lunga partnership che Apple ha costruito con Akamai per la distribuzione dei contenuti di iTunes attraverso un network intelligente di 170 mila server dislocati in migliaia di location in tutto il territorio della federazione. L’infrastruttura, però, non basterebbe per sostenere il servizio televisivo, ed è per questo che Apple sarebbe in contatto con altri operatori specializzati nella realizzazione di micro data center. Il puzzle dovrebbe essere terminato per l’appunto nel corso del 2016, e se si sarà trovata anche la quadra sul fronte delle licenze, il servizio potrà finalmente partire, anche se con qualche mese di ritardo.

Apple non lascerà comunque i propri fan a bocca asciutta: il 9 settembre, a San Francisco, dovrebbe presentare la società dovrebbe presentare un nuovo set top box per la Apple TV, che però dovrà essere ancora collegato all’antenna satellitare o al vecchio cavo terrestre.

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