Che ci sarebbero stati diversi ostacoli da superare era preventivato. Ma nessuno poteva immaginare che il progetto di svincolare l’Icann dal ministero statunitense del Commercio per farne un ente autonomo e internazionale si arenasse così presto. In realtà si parla di “semplice” ritardo nella tabella di marcia ipotizzata non più di settimane fa dal ceo Fadi Chehade, secondo la quale entro la metà del 2016 lo Iana (Internet Assigned Numbers Authority, l’istituto che regola l’assegnazione degli indirizzi del World Wide Web) sarebbe passato sotto il controllo di una community internazionale multistakeholder: la comunicazione è arrivata non tanto dall’Icann, quanto dallo stesso ministero del Commercio, che ieri, attraverso un blog post di Lawrence Strickling, Assistant Commerce Secretary, ha reso noto che il governo intende estendere il contratto in essere con l’ICANN almeno fino al 30 settembre 2016, con la possibilità di prorogarlo per un altro triennio. Il Congresso è stato informato del piano lo scorso venerdì 14 agosto.
“Negli ultimi mesi è diventato evidente che la community ha bisogno di più tempo per completare il proprio lavoro e per permettere al governo di studiare il piano, implementandolo in caso di approvazione”, ha scritto Strickling, che ha rimarcato la necessità di capire attraverso quali meccanismi potrebbe funzionare la cosiddetta governance multistakeholder.
Che la decisione di rimandare il tutto a data da destinarsi sia unilaterale lo dimostra il fatto che non solo l’Icann non ha ancora commentato la notizia, ma che non più tardi di ieri il ceo Chehade pubblicava sul sito dell’organizzazione un post in cui, tracciando un breve bilancio della propria esperienza e gettando uno sguardo al di là del proprio mandato (in scadenza a marzo 2016), tornava sugli sforzi fatti per separare lo Iana dal governo americano: “Diversi mesi fa ci siamo presi l’onere di gestire la transizione che avrebbe affidato le funzioni dello Iana alla comunità globale e, dopo infinite riunioni e revisioni siamo più vicini che mai al traguardo. E lo abbiamo fatto per l’appunto come una comunità”, ha scritto Chehade. “Ci troviamo nella fase finale, le nostre proposte saranno a breve sottoposte al governo, ma c’è ancora molto lavoro da fare. Personalmente, sono pronto a portare a termine il progetto avviato mesi fa insieme ai miei amici e ai miei colleghi”.
L’idea di separare la governance di Internet dagli uffici di Washington, che se ne occupa dal 1998, è stata a lungo dibattuta, ma è con l’amministrazione Obama che prende forma l’intenzione di mettere in pratica quel che fino all’anno scorso era solo un’ipotesi, tra l’altro decisamente osteggiata dalle frange più conservatrici del Congresso e della comunità economica americana. E nelle intenzioni del presidente la exit strategy sarebbe culminata a settembre 2015, quando l’ICANN sarebbe stato affidato a un non meglio precisato gruppo di stakeholder internazionali. Come enfatizzato da Fadi Chehade, da quella dichiarazione di intenti è passata molta acqua sotto i ponti. Oltre a un intensa attività diplomatica, che ha fatto spostare la fatidica data dell’autonomia dell’ICANN di quasi un anno. Eppure, nonostante questo, sembra abbia prevalso la linea dura di chi teme l’ingerenza di governi autoritari e gruppi d’interesse in questioni che da puramente tecniche rischierebbero di diventare anche politiche.
“È un passo importante”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto i repubblicani Fred Upton, (presidente della Commissione Commercio alla Camera dei Rappresentanti), Greg Walden e John Shimkus. “L’amministrazione”, si legge nella nota, “si è resa conto che è più importante affrontare la questione nella maniera giusta, coinvolgendo la comunità globale di Internet, piuttosto che semplicemente risolverla”.