Perché era importante Wuala, il servizio di cloud storage acquistato da LaCie della cui dismissione abbiamo dato notizia pochi giorni fa? È una storia non breve, ma interessante. All’atto dell’acquisizione della startup di Zurigo da parte del colosso dello storage, infatti, pareva che le cose sarebbero andate diversamente. Il fondatore e Ceo dell’azienda, Philippe Spruch, a parlare di un futuro di LaCie come “digital storage provider”.
In realtà, ne aveva ben motivo. Wuala era stato lanciato nel 2008 come progetto universitario dell’ETH Zürich ed era parecchio avanti per i suoi tempi. Infatti quando era stato lanciato, l’idea di conservare i dati nel cloud senza lasciarne il controllo al provider cloud era davvero visionaria. La risposta al bisogno di Zero Knowledge Security (un problema al quale i grandi fornitori di oggi ancora non sono riusciti a offrire una risposta adeguata) era stata la scelta del peer-to-peer: far tenere ai clienti parte dei dati degli altri, completamente crittati, sulla propria archiviazione locale.
In pratica, per accedere al servizio (come nei circuiti della pirateria) si metteva in comune una fettina del proprio hard disk che conservava in maniera totalmente anonima e non decodificabile parte delle informazioni altrui, così come le proprie venivano caricate, spezzettate e suddivise tra migliaia se non centinaia di migliaia di altri utenti. Una soluzione nata prima ancora del social storage, che consente di archiviare parte dei propri dati sui sistemi di altri utenti.
Era una soluzione ideale ma non ha funzionato. Adesso sul mercato del cloud sicuro ci sono varie alternative, in difficoltà a creare forme di business economicamente funzionanti vista la tendenza del costo dello storage ad andare a zero. La chiave, dicono gli esperti, è di aggiungere valore all’offerta della semplice archiviazione. Ma qual è il valore da aggiungere? E quanto deve essere?
Sicuramente uno dei filoni caldi è quello della sicurezza. Dare la possibilità di conservare i dati off-site in maniera sicura e possibilmente totalmente anonima è una delle chiavi. Serve ad aumentare la sicurezza dei dati nel sito (perché c’è un backup) e serve a gestire al meglio il ciclo di vita delle informazioni senza il rischio che qualcuno possa metterci il naso dentro. Prima di Snowden sembrava un problema per pochi, oggi se lo pongono tutte le aziende e sempre più anche i privati.
Il punto di arrivo? Probabilmente una soluzione che riesca a piegare al massimo le due corna del trade-off della security: massima usabilità con massima sicurezza. Una specie di Dropbox che consenta però di avere anche i file crittati. Il sogno di molti, che Wuala era riuscita a realizzare, almeno per un po’.