IL PROGETTO

Intel allarga il business e scommette sui droni

Il colosso dei chip investe 6 milioni di dollari nella cinese Yuneec Holding, specializzata nelle produzione di velivoli. Il ceo Krzanich punta ad ampliare nel segmento della robotica

Pubblicato il 27 Ago 2015

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Avanti tutta sui droni. Intel, tramite il suo braccio di venture capital, ha deciso di investire oltre 60 milioni di dollari in una società di Hong Kong specializzata nella produzione e vendita di droni commerciali. La multinazionale dei semiconduttori, nel quadro dei suoi sforzi per arginare gli effetti del declino della domanda di personal computer, ha in particolare siglato un accordo di investimento con Yuneec Holding che prevede la collaborazione nello sviluppo dei prodotti e l’utilizzo dei microprocessori Intel nei futuri droni della società cinese.

L’accordo è solo l’ultimo segnale sulla determinazione del ceo Brian Krzanich nel ridurre la dipendenza di Intel dalla componentistica per computer ed ampliare la presenza in segmenti come la robotica.

Intanto la California si appresta a inasprire le norme che regola il volo dei droni. Il parlamento dello stato della California (esatto, proprio lo stato americano dove è fiorita la Silicon Valley) ha approvato in terza lettura una legge che, una volta controfirmata dal governatore Jerry Brown, impedirebbe ai veicoli volanti autonomi di muoversi al di sotto dei 350 piedi (poco più di cento metri) sulle aree residenziali. Considerando che la Federal Aviation Administration (FAA) ha stabilito che i droni privati possono volare solo di giorno, a vista di chi li controlla, a una distanza di almeno cinque miglia dagli aeroporti e, soprattutto, mai al di sopra dei 400 piedi, gli operatori avrebbero a disposizione uno spettro di soli 50 piedi, per far volare le proprie macchine.

La legge californiana si inserirebbe in un contesto più ampio di iniziative già approvate autonomamente da altri 18 stati. Anche se attualmente, stando alla National Conference on State Legislatures (NCSL), ci sono ulteriori 160 dispositivi in attesa di essere letti e licenziati in 45 stati dell’Unione.

La legge non riguarderebbe le attività delle forze dell’ordine o di agenzie governative o di operatori pubblici e privati dotati di specifici permessi, ma è evidente che creerebbe un precedente insidioso, rischiando di frenare, non di poco e non solo sulla West Coast, un settore che al momento sta letteralmente volando anche sull’orizzonte degli investimenti. Secondo il rapporto stilato a maggio da CB Insight, società di ricerca newyorchese specializzata in venture capital e startup, 3D Robotics, con sede per l’appunto a Berkeley, ha raccolto 99 milioni di dollari di fondi, mentre Airware e Skycatch, entrambe basate a San Francisco, rispettivamente 40 e 21 milioni di dollari. 3D Robotics, Airware e Skycatch sono tre delle sei società californiane che rappresentano il top della capitalizzazione dell’intera industry dei droni.

E infatti la loro reazione, anche fuori dalla California, non si è fatta attendere: “C’è un comparto in piena crescita e le imprese stanno sviluppando usi legittimi per i droni”, ha protestato Mario Mairena, senior government relations manager dell’Association for Unmanned Vehicle Systems International (AUVSI), organizzazione lobbistica del settore con sede a Washington. “Questa legge ci lascia davvero troppo poco margine per poter sviluppare un corridoio commerciale dedicato. Inoltre, i singoli stati non dovrebbero mettersi a regolare lo spazio aereo, quello è il lavoro del FAA”.

Dal canto suo, la Federal Aviation Administration sta lavorando febbrilmente per rilasciare licenze di volo (attualmente ne sono state approvate 1277 negli States) per i droni da usare a fini commerciali, dalla fotografia aerea al controllo delle aree agricole

“Le imprese possono comunque continuare a consegnare pacchi sulla porta di casa con un drone, se la FAA ha concesso loro l’autorizzazione a operare”, tira dritto la senatrice Jackson. “L’importante è che le rotte dei droni seguano l’andamento delle strade pubbliche e che entrino nelle proprietà private dei cittadini come farebbe un qualunque fattorino”.

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