La “banda L” era comparsa a sorpresa a pagina 7 delle slide utilizzate da Matteo Renzi a metà ottobre 2014 per presentare la legge di stabilità. In quell’occasione palazzo Chigi aveva lanciato l’idea di indire entro il 2015 un’asta per assegnare le frequenze tra i 1452 e i 1492 MHz.
La “banda L” era originariamente stata attribuita ai servizi di radiodiffusione sonora e via satellite dalla Conferenza Mondiale di radiocomunicazione del 1992, e poi destinata alla fornitura del servizio di radiodiffusione sonoro numerico terrestre T-DAB. Ma già nel 2007 l’allora ministro alle Comunicazioni Paolo Gentiloni nel suo programma aveva avanzato la proposta di cedere questa porzione di spettro alle telco.
L’asta ha riguardato gli operatori mobili già presenti in Italia e assegnatari di frequenze, perché la porzione di spettro individuata deve essere utilizzata dalle telco come “supplemental downlink”, per consentire cioè agli utenti di ricevere e scaricare dati in modo più veloce ed efficiente.
A gennaio 2015 l’Agcom aveva approvato la delibera che sanciva l’avvio delle procedure per l’assegnazione dei diritti d’uso di questa porzione di spettro, aprendo la consultazione di 30 giorni per definire le modalità dell’assegnazione, mentre il regolamento era stato varato dall’authority il 26 maggio.
Con la pubblicazione in gazzetta ufficiale – a giugno 2015 – del nuovo piano per le frequenze, la banda L è stata attribuita con statuto primario al servizio mobile, con il recepimento della decisione della Conferenza Europea delle amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni, che risaliva al 2013, e che suddivide la banda in 8 blocchi da 5 MHz da utilizzarsi per applicazioni del tipo Sdl (Supplemental Down Link), ossia per il solo collegamento in discesa tra stazione base e mobile a supporto delle reti mobili cellulari. Nell’indire la gara, poi, il Mise ha deciso di raggruppare la banda L in due lotti da 20Mhz.