IL FOCUS

Catania: “Digitale, tempo scaduto. Ora Renzi faccia la sua parte”

Il Presidente di Confindustria Digitale: “Non possiamo aspettare ancora. Manca una vision unitaria necessaria a un progetto di trasformazione del Paese. Si segua una gerarchia delle priorità”

Pubblicato il 29 Set 2015

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«È ora che il direttore d’orchestra batta e scandisca i tempi. Tempi che devono essere compatibili con l’accelerazione impressa dal digitale all’economia globale. Ma finché ciò non sarà chiaro, il Paese non solo non ce la farà a riagganciare le altre economie, ma perderà la sua occasione di crescita e di competitività”. Continua a battere il dente dove duole il presidente di Confindustria Digitale Elio Catania. Il ritmo di marcia è “lento». E di margini ne restano ben pochi. “Prima dell’estate, proprio in un’intervista con CorCom, avevo sottolineato l’importanza di arrivare puntuali all’appuntamento di settembre, in cui bisognava dare il via a una serie di progetti. Ma settembre è ormai passato e a parte il timido avvio dello Spid (è appena partito il processo di accreditamento per diventare fornitori di identità digitale, ndr) non si è visto altro sul fronte digitale”.

Presidente Catania, gli indicatori economici sono positivi. Crede che possa essere questa l’occasione per mettere in moto la macchina digitale?

L’occasione l’abbiamo intanto già mancata: gli indicatori sul Pil evidenziano una crescita dell’ordine dell’1%. Ebbene, si poteva puntare a ottenere un trend più sostenuto se il Paese avesse imboccato la strada della trasformazione digitale al pari almeno degli altri Paesi europei. Se è vero che la nostra ripresa è indubbiamente alimentata anche da fenomeni esterni, non bisogna sottovalutare il fatto che continua a mancare il motore primario, che è quello della competitività delle imprese e del sistema, della velocità dei processi decisionali per la semplificazione della PA.

Cosa manca all’appello?

Da un punto di vista pratico parecchie cose. Va il merito al direttore dell’Agid, Antonio Samaritani, che sta impostando un sistema su “tempi e metodi”. Ma all’appello ancora mancano molti decreti attuativi. E anche in merito all’erogazione dei fondi per la banda larga: quanto tempo passerà affinché siano concretamente disponibili? Quando saranno davvero pronti i bandi? Non ci si rende conto che la variabile tempo non è indifferente su questi temi. Il tempo è il fattore che determina il fallimento o il successo di un’impresa. E non possiamo certo permetterci altri sette anni, come avvenuto per la fatturazione elettronica, per concretizzare i progetti annunciati, a partire dall’anagrafe unica. Ma ci tengo a ribadire per l’ennesima volta che la vera criticità è lo scoordinamento delle azioni. Manca una vision unitaria. Non siamo di fronte al rilascio di una nuova release di un computer o di un software, ma ad un progetto di trasformazione del paese. Il ruolo del governo è cruciale per la trasformazione e la semplificazione della PA nei suoi processi, nella ricerca delle sue efficienze, nei processi di interazione con i cittadini e le imprese, negli elementi di politica industriale per facilitare l’inserimento dei giovani digitali, incentivare l’uso di tecnologie nelle Pmi e nei distretti. Le persone in campo sono di altissimo profilo, ma serve integrazione a livello di governo.

E dunque?

E dunque bisogna che si segua una gerarchia delle priorità. E che in cima alla gerarchia ci sia una cabina di regia che non può che essere a livello di Presidenza del Consiglio e che metta insieme i vari componenti – infrastrutture di rete, ridisegno dei processi, formazione della PA. Ed è necessario fare molta attenzione al coordinamento fra centro e regioni: le regioni stanno andando avanti su molti progetti, alimentando quella moltiplicazione e proliferazione di iniziative per lo più scollegate. E allora dov’è l’interoperabilità di cui tanto si parla? Non solo: il governo è alla ricerca di fonti di risparmio, ma la vera fonte di risparmio la si trovare nella diffusione capillare ed efficiente del digitale. I moltiplicatori degli investimenti in Ict sono una realtà. Un euro investito in sanità porta a casa 4-5 euro di risparmio in 36 mesi, tanto per fare un esempio. Insomma nel nostro Paese sono aperti fronti straordinari, ma senza un coordinamento non si andrà avanti.

Ma la responsabilità è solo del governo? E voi imprese cosa state facendo?

La filiera sta facendo la sua parte. Le Tlc continuano a investire qualcosa come 6 miliardi, si stanno creando centri di competenza in tutto il paese, i player del comparto digitale stanno facendo grandi investimenti per la formazione e la sensibilizzazione delle pmi. Leggiamo continuamente di iniziative in cui aziende della nostra filiera aiutano le startup a crescere e a insediarsi nel tessuto produttivo. La filiera sta formando tanti giovani, per non parlare dell’affiancamento alla PA nei vari tavoli aperti. Il nostro roadshow che ha toccato tutta Italia è un’occasione affascinante per toccare con mano esempi di imprenditori locali saltati addosso al carro della trasformazione digitale e che vendono in tutto il mondo attraverso reti web o supply chain integrate e altamente tecnologiche. E sono molti i giovani che stanno inventando cose nuove usando le tecnologie e che sono pronti a metterle a disposizione del tessuto industriale. Il fermento dunque in questo momento viene dal basso, ma senza un coordinamento dall’alto non potremo assistere a un vero cambio di paradigma.

Cosa ne pensa della digital tax annunciata dal premier Matteo Renzi?

Credo che Renzi con l’annuncio della digital tax abbia voluto dare un impulso all’Europa e all’Ocse affinché la questione venga affrontata. Si tratta di un tema delicato non solo per le imprese del mondo digitale ma per tutta l’economia. Oggi le imprese sono di fatto tutte digitali quindi avremo sempre più fenomeni di delocalizzazione di competenze e di know how e dematerializzazione di prodotti e servizi. L’Ocse a metà ottobre dovrebbe dare le prime risultanze dei suoi studi. Ed è dunque un tema che va affrontato a livello europeo.

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