I soldi ci sono, quantomeno quelli messi a disposizione dall’Europa attraverso Horizon 2020. La tanto attesa task force ministeriale è stata fatta. E il fermento a livello di iniziative locali non manca.
Il momento, dunque, è più che mai propizio e se non ne approfittiamo ora rischiamo l’ennesimo “cantiere” incompiuto: la roadmap dei lavori, quelli per costruire l’Italia delle smart city, è già in netto ritardo non solo al confronto con le iniziative oltreconfine, ma anche con gli annunci più volte sbandierati nel corso degli anni.
Renzi pare voglia recuperare il tempo perduto: il documento Strategia per la crescita digitale 2014-2020, tra gli altri, affronta anche il tema della smart city e presso il ministero dello Sviluppo economico è stata costituita nei giorni scorsi la task force – presieduta dal Sottosegretario delegato Simona Vicari che ha rilasciato al nostro giornale la prima intervista sul tema smart city (si veda pagina a fianco) – per il coordinamento delle misure di politica industriale che serviranno a promuovere città e comuni intelligenti.
Ma la macchina rischia di ingolfarsi di nuovo. Ad agosto Mario Calderini, presidente del comitato Smart Cities dell’Agenzia per l’Italia digitale – istituito nel 2012 dal governo Monti – ha deciso di rassegnare le dimissioni. “Assenza di una chiara strategia del governo sul tema smart cities e oggettive difficoltà dell’Agenzia a fornire un adeguato supporto”: queste le motivazioni alla base dell’addio messe nero su bianco in una lettera indirizzata al direttore Antonio Samaritani al quale Calderini ha sollecitato “un intervento di chiarificazione sul futuro dello stesso comitato”.
La verità è che, come spesso accade in Italia, le voci in campo sono troppe e scoordinate. E nella partita smart city siamo di fronte a una vera e propria babele: il Dl 179/2012 (poi convertito dalla legge 221 del 17 dicembre 2012) ha assegnato all’Agid il compito di fare il Piano Nazionale Smart Cities, ma i singoli ministeri hanno fatto orecchie da mercante continuando a marciare ciascuno per la propria strada con propri piani e tempistiche differenti. E vanno per la loro strada anche molti Comuni, pur in assenza di un “modello” nazionale di riferimento, di standard operativi e tecnologici, di un “salvadanaio” specifico cui attingere. Le iniziative stanno proliferando come non mai e se è vero che la mappa è ancora a macchia di leopardo certo non si può dire che il “mercato” sia in stallo. Ed è proprio da qui che bisogna ripartire: “Sono due le cose urgenti da fare per ridare forza al disegno delle smart city – dice a Corcom Mario Calderini -. La prima è quella di rilanciare una soft governance di processi che, tipicamente, vengono dal basso e che per loro natura non possono essere gestiti in maniera dirigista. La gestione che ho mente punta dare un’impalcatura alle reti esistenti basata su standard tecnici che garantiscano interoperabilità e replicabilità del business model. Serve poi individuare dei protocolli di ingaggio pubblico-privato per dare rappresentatività ai territori. Si tratta di azioni fondamentali per stimolare investimenti utili ai territori e ai cittadini da parte dei Comuni”.
Secondo Calderini è necessario affrontare anche e soprattutto la questione risorse e finanziamenti: “Per prima cosa bisogna lanciare nuove politiche della domanda, puntando sul procurement innovativo e pre-commerciale per aumentare ‘l’intelligenza’ di acquisto delle amministrazioni. In questo quadro un ruolo strategico lo deve giocare Consip”. L’ex numero uno del comitato Smart City Agid invita inoltre a “evitare gare al ribasso su prodotti e servizi che, invece, valgono molto dato che possono cambiare la vita dei cittadini”. Infine è necessario – sul fronte reperimento risorse – inserire i progetti di smart city nel programma pon-metro gestito dall’Agenzia per la Coesione.
Intanto però si va avanti: i numeri, quelli aggiornati, saranno svelati proprio in questo mese di ottobre: dal 14 al 16 a Bologna, in occasione di Smart City Exhibition, sarà presentata l’edizione annuale dell’iCity Rate, la classifica dei Comuni “virtuosi” in quanto a iniziative smart e il 29 ottobre alla Bovisa di Milano sarà presentata la prima edizione dello Smart City Report, un’analisi del livello di diffusione e penetrazione dei progetti smart city a livello italiano ed internazionale che farà emergere i “modelli realizzativi vincenti” dati dalla combinazione della triade tecnologia-attori-finanziamento. Intanto su Italiansmartcity.it, la piattaforma nazionale online promossa e realizzata dall’Anci è possibile visionare in tempo reale informazioni quali quantità dei progetti avviati, finanziamento complessivo, comuni coinvolti nonché navigare fra le singole schede per farsi un’idea puntuale delle iniziative in corso. “Nella piattaforma ci sono oltre 1.200 progetti, iniziative di innovazione urbana che raggiungono quasi 15 milioni di cittadini e rappresentano un investimento paese che sfiora i 4 miliardi di euro. Su questi i comuni mettono a disposizione: specifiche finanziarie, atti amministrativi, capitolati, delibere, schemi di finanziamento, indicazioni relative all’impatto e ai modelli di governance”, spiega a CorCom Valentina Piersanti dell’Osservatorio Smart City dell’Anci.
Mentre l’Italia deve ancora trovare la sua “via”, una grossa rivoluzione è alle porte e rischia di sparigliare le carte in tavola: si tratta della rivoluzione big data ossia dell’enorme mole di informazioni digitali che rappresentano un patrimonio inestimabile per le città ma che se non adeguatamente sfruttate rischiano di trasformarsi in una pericolosa invasione di byte. Ma si dice ottimista il super esperto mondiale Carlo Ratti (si veda intervista a pagina 5): “Credo che la rivoluzione digitale sia una grande opportunità per il nostro Paese. La rivoluzione è in corso: siamo immersi nella smart dust”.